La crisi economica sta accelerando anche a Taiwan un imponente processo di diversificazione nella componentistica elettronica. Uno dei pilastri industriali del miracolo economico della tigre asiatica, nota il presidente di Osservatorio Asia Alberto Forchielli, è stato travolto dalla riduzione della domanda e dalla concorrenza. Si è dunque dovuto procedere a dolorose ristrutturazioni, in due direzioni: la riduzione dei costi e la ricerca di nuovi prodotti. Il secondo percorso è quello che appare più promettente, a conferma del tradizionale dinamismo dell'industria della Cina nazionalista.
La borsa di Taipei recupera fortemente, dimostrando piena fiducia nell'esperimento. Dopo avere ceduto più della metà del loro valore da settembre 2007 a novembre 2008, le aziende tecnologiche hanno guadagnato il 90% al Taipei Stock Exchange Index. Ha contribuito indubbiamente la ripresa degli ordini dalla Cina, ma appare evidente la lungimiranza delle operazioni in atto. In sostanza Taiwan ha deciso di abbandonare quello che è ormai il segmento meno remunerativo dell'elettronica, la produzione di chip e di personal computer. Nella recessione internazionale l'isola soffre la posizione intermedia tra gli ordini delle multinazionali e la delocalizzazione in Cina che offre più bassi costi di produzione. Affermare il proprio marchio con nuovo prodotto è l'obiettivo delle imprese taiwanesi di ogni dimensione.
La Acer (che ha recentemente sorpassato Dell come secondo produttore al mondo di pc, dietro Hewlett Packard), ha lanciato nuovi prodotti della telefonia mobile, inclusi gli smartphones. La Au Optotronics, il terzo produttore mondiale di schermi a cristalli liquidi, sta privilegiando la lettura elettronica e sarà presto in grado di lanciare sul mercato schermi ultrasottili che possono essere piegati o arrotolati. Altre aziende stanno orientando la produzione verso i pannelli solari, i display luminosi, l'ottica, i videogiochi. Il percorso li sta portando dalla componentistica all'elettronica di consumo.
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