R.A. Segre
da Gerusalemme
Erano le 11,30, ora israeliana, davanti all’entrata principale del grande supermarket Sharon di Netanya, cittadina nota per i laboratori dove si tagliano diamanti ma anche per tre precedenti sanguinosi attacchi terroristici. Per questo il controllo sulle persone è rigoroso, molto rigoroso. Una guardia giurata sta facendo avanzare lentamente una piccola fila di gente, svuota le borse delle donne, fa consegnare telefonini e mazzi di chiavi a chi attraversa il metal detector. Improvvisamente, dall’altro lato della strada, una poliziotta si mette a urlare: «Terrorista, terrorista» e a correre in direzione di un giovane con una cartella nera in mano. Le è stato indicato da alcuni passanti, ha un comportamento strano e nervoso. Un maggiore della polizia che sta rientrando in ufficio, distante qualche centinaio di metri dal supermarket, scende dall’automobile, corre verso il giovane, grida alla piccola folla di curiosi di allontanarsi, di andare via. La guardia giurata lascia il controllo dell’entrata del supermarket, raggiunge l’uomo sospetto, tenta di strappargli di mano la sacca. Questi, un arabo di 23 anni di nome Lufti Abu Sami - racconta il maggiore ferito alla radio -, lo guarda con un ghigno pieno di odio e poi si fa esplodere, la guardia giurata avvinghiata al suo corpo. È grazie alla guardia, Haim Amram, 26 anni, e alla poliziotta se non ci sono state più vittime delle sei registrate e dei cinquantacinque feriti, di cui quattro in fin di vita e venticinque ancora trattenuti negli ospedali. La carica esplosiva era di tre chili, con molti chiodi per aumentarne l’effetto devastante.
Chi era Lufti Abu Sami? Un giovane della Cisgiordania residente nella zona di Tulkarem, dove i servizi israeliani ammettono di non essere riusciti, nonostante i loro sforzi e le decine di arresti effettuati negli ultimi giorni, a penetrare nella rete terroristica organizzata dalla Jihad islamica. Il kamikaze, che ha lasciato alla famiglia il proprio addio in una registrazione, aveva ricevuto il pacco esplosivo da una persona ignota, che a sua volta l’aveva avuto da Yad Abu Oudi, uno dei capi della Jihad islamica che si è arreso agli israeliani tre settimane fa. Aveva ricevuto l’ordine di organizzare l’attacco dal vicecapo della Jihad islamica residente a Damasco, insieme a una grossa somma di denaro. Per questo i servizi israeliani sospettano che l’azione sia stata ordinata e organizzata congiuntamente da Siria e Iran per creare una diversivo e allentare le pressioni politiche a cui entrambi i governi sono attualmente sottoposti.
L’attentato, che rompe una lunga tregua (fasulla, dicono qui, dato che solo questa settimana sono stati registrati dodici avvertimenti su possibili attacchi), è estremamente grave, come dimostrano le condanne arrivate dal presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen, che promette di contrastare nuovi attentati; dal presidente russo Putin, che scrive il suo sdegno in un messaggio inviato al presidente israeliano Katsav, cosa mai fatta prima; dal ministro degli Esteri egiziano, che avverte i palestinesi che attentati del genere mettono in pericolo l’avvenire del loro Stato; dall’Unione Europea per bocca di Javier Solana; dalla Germania, tramite il suo ministro degli Esteri; per non parlare naturalmente degli americani. Tutti si rendono conto che con questo attacco suicida la Jihad islamica, che contrariamente a Hamas non ha accettato la tregua elettorale proclamata dall’Autorità palestinese, tenta di far deragliare le elezioni palestinesi e influenzare quelle israeliane. E minaccia: «Se Israele proseguirà con le esecuzioni mirate, il braccio armato della Jihad islamica continuerà a compiere attentati nello Stato ebraico». Israele sta preparando una massiccia offensiva di rappresaglia, che comporterà la demolizione delle case, gli arresti e gli omicidi mirati contro i militanti della Jihad islamica.
L’uomo della strada israeliano però chiede con insistenza al governo perché, dopo l’evacuazione dei coloni da Gaza, i razzi continuano a piovere da Gaza sui villaggi israeliani del Sud del Paese. Perché il famoso muro di difesa, che è stato eretto proprio di fronte a Netanya, si rivela poroso a causa delle centinaia di veicoli che attraversano i suoi valichi nei due sensi e che non possono essere ispezionati dai soldati per non turbare il traffico commerciale fra Israele e la Cisgiordania.
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