Da un anno gli spettatori non lo vedono più sul primo canale. Ma ci tornerà dal 20 novembre. Non più a guidare il Tg1 come ha fatto per due decadi ma come conduttore di un nuovo programma di approfondimento in onda al lunedì in seconda serata su Raiuno. Si chiamerà XXI secolo e se anche Francesco Giorgino - fedele alla sua riservatezza da uomo d'azienda - non lo sottolinea, ha il sapore di un risarcimento dopo lo spostamento dal notiziario dell'ammiraglia Rai. La querelle con l'ex direttrice del Tg1 Monica Maggioni si era conclusa con il passaggio del giornalista alla vicedirezione dell'Offerta informativa e, da maggio, alla direzione dell'Ufficio Studi Rai. Qui a Giffoni, il Festival cinematografico dei giovani, è venuto per dibattere con i ragazzi sulla questione delle fake news.
Innanzitutto, Giorgino, come sarà questo programma?
«Partiremo dall'attualità per poi andare a vedere come il presente diventa futuro del Paese, come quello che succede ora potrebbe cambiare la vita dei cittadini in un arco temporale medio-lungo e quali sono le soluzioni per affrontare i numerosi mutamenti. Non ci vogliamo fermare solo al semplice racconto dei fatti, ma indagare le ragioni, prevedere gli sviluppi. Il nostro sarà anche uno sguardo comparativo con quei Paesi che hanno già affrontato situazioni analoghe alle nostre».
Ma in che modo XXI Secolo sarà diverso dagli altri programmi che affrontano i medesimi temi?
«Oltre che per i contenuti rivolti al futuro, anche per il tipo di linguaggio: ci vogliamo avvalere del data journalism perché i numeri più delle parole servono a spiegare in maniera semplice e accessibile a tutti temi complessi. E poi ci saranno reportage, immagini e interviste singole, one to one, in maniera incalzante».
Incalzante ma non aggressiva, lei è il simbolo del conduttore moderato.
«Io sono nato nel servizio pubblico, ci sono entrato a 24 anni e ci lavoro da 32, di cui 30 al Tg1. Mi sono confrontato con tante stagioni aziendali, le più disparate dal punto di vista culturale: il mio faro è sempre stato l'equilibrio e il rispetto del pluralismo».
Quindi in questa stagione si trova in sintonia con gli obiettivi dei nuovi vertici Rai.
«In piena sintonia. I loro sono gli obiettivi del servizio pubblico, che l'Ad Sergio e il Dg Rossi, unitamente alla Presidente Soldi e a tutto il cda stanno realizzando concretamente. Aggiungo che il pluralismo si declina in vari modi, non solo dal punto di vista politico che è il più delicato, ma anche dal punto di vista sociale, culturale, territoriale, valoriale e religioso. Come è stato detto più volte dai vertici Rai, in questa stagione si ragiona per addizione e non per sottrazione: molte e più voci contemporaneamente sotto lo stesso tetto aziendale».
Però Fazio, Gramellini, Annunziata, Littizzetto, Berlinguer non hanno creduto a questa promessa e se ne sono andati. E, ora, a Facci e Saviano, per motivi diversi, sono stati cancellati i rispettivi programmi autunnali.
«I primi sono colleghi che hanno deciso autonomamente di lasciare l'azienda prima di vedere che cosa sarebbe successo. Non si possono fare processi alle intenzioni dei vertici aziendali. Per i secondi si tratta di decisioni che non spetta a me commentare».
La sostanza, per quanto la riguarda, è che XXI secolo è stato messo in palinsesto proprio nella serata del lunedì dove un tempo andavano in onda i programmi della Maggioni con cui è entrato in contrasto.
«Veramente quello era lo spazio di Vespa. La scelta della seconda serata di Raiuno, presa in accordo con Paolo Corsini, è stata naturale visto che ho lavorato su questa rete per tre decenni. E, comunque, il nuovo programma si sposa con il mio impegno nell'Ufficio Studi dove ci stiamo concentrando sui temi da affrontare per rendere la Rai sempre più connessa alle trasformazioni, a partire da quella digitale e agli obblighi contenuti nel contratto di servizio».
Ma le è dispiaciuto restare senza video per un anno?
«Certo non sono stato felice del distacco dal Tg1, ma devo dire che il lavoro alla direzione dell'Offerta informativa mi è servito molto per conoscere meglio l'azienda in tutti i suoi aspetti».
Lei ha una formazione democratico-cristiana, come la traduce nell'attività quotidiana?
«Con la moderazione. Sono abituato a porre al centro dell'attenzione il pubblico, considerato non come un valore numerico da share ma in quanto insieme di persone. Penso che ci sia una grande differenza tra le società che pongono attenzione al solo individuo ripiegato su sé stesso e quelle che considerano strategica la logica dell'io sociale, nell'accezione rosminiana di questo concetto postmoderno».
Al Giffoni è venuto per parlare con i ragazzi, che sono il futuro di questo XXI secolo.
«Qui c'è un'atmosfera magica, effervescente, una grande energia positiva, contagiosa. È importante confrontarsi con questi giovani già così impegnati. Fa parte del nostro obiettivo aziendale aiutarli a imparare a gestire la tecnologia.
Un tempo si doveva distinguere tra il vero e il falso, oggi bisogna gestire la polarizzazione vero-verosimile. Noi in Rai siamo impegnati con un programma di Media Literacy e con un investimento formativo importante sui nostri giornalisti».
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