Torture, Germania contro Gheddafi

da Berlino

Per il governo tedesco non può considerarsi chiusa l’incredibile vicenda delle sei infermiere bulgare graziate e liberate da Gheddafi dopo otto anni di prigionia con l’accusa pretestuosa di avere iniettato, insieme a un collega palestinese, il virus dell’Aids in centinaia di bambini libici. Secondo il sottosegretario agli Esteri, Gernot Erler, il comportamento di Tripoli in tutta la vicenda costituisce una gravissima violazione dei diritti fondamentali che la comunità internazionale non può ignorare facendo finta che il lieto fine cancelli ciò che è avvenuto.
A provocare il duro giudizio del numero due della diplomazia di Berlino, sono le recenti dichiarazioni del figlio di Gheddafi, Saif al Islam, il quale ha ammesso che durante gli interrogatori le infermiere furono torturate per obbligarle a confessare un delitto che non avevano commesso e di cui, secondo una commissione internazionale, sono responsabili unicamente le pessime condizioni igieniche degli ospedali libici: verità che doveva essere nascosta per salvare il prestigio del regime. «Dopo queste ammissioni, provenienti da una fonte autorevolissima - sostiene Erler - le autorità libiche hanno il dovere di individuare chi sono i colpevoli delle false accuse e dire quali misure punitive prenderanno nei confronti di chi ha montato il complotto».
Parole rivolte al regime di Gheddafi ma indirettamente anche a quei governi che senza tanti scrupoli, come se nulla fosse successo, si sono affrettati a inviare i propri emissari a Tripoli per discutere di affari appena Gheddafi, in cambio di cospicui aiuti finanziari, ha concesso la grazia. E tra questi il Paese che è più nel mirino delle accuse tedesche è la Francia, l’alleato più stretto ma anche più difficile della Germania. Già al momento della liberazione delle infermiere gli organi di stampa tedeschi non risparmiarono critiche al protagonismo di Sarkozy e della consorte Cecilia, che fecero di tutto per accreditarsi come gli autori dell’accordo che portò al rilascio. Accordo negoziato in lunghi mesi di trattative non dalla Francia ma dall’Unione europea e durante la presidenza tedesca.
Ma ciò che più infastidì Berlino fu la decisione di Sarkozy, annunciata all’indomani della liberazione delle infermiere, di fornire alla Libia un reattore nucleare ufficialmente destinato alla produzione di energia per la dissalazione di acqua marina, ma che potrebbe essere utilizzato anche per altri scopi. E senza neppure consultare gli alleati tedeschi.

«Una pillola amara da digerire anche per gli aspetti che riguardano la sicurezza», disse il presidente della Commissione Esteri del Bundestag, Ruprecht Polenz. Non sorprende quindi che Berlino consideri la vicenda delle infermiere tutt’altro che chiusa e archiviata.

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