Il «traditore» degli Usa ricercato per stupro. Anzi no

Prima l’accusa, infamante: duplice stupro. Poi il ritiro del mandato di cattura, un imbarazzante «Scusate tanto, ci eravamo sbagliati». Galleggia insomma a metà tra i toni del giallo e quelli della farsa la vicenda che ha visto per qualche ora come protagonista Julian Assange, il papà del sito WikiLeaks. La storia era iniziata infatti, come in ogni buon racconto di intrigo internazionale, con l’immancabile cerchez la femme. Anche se, nel caso dell’accusatore via Internet delle tragiche «sviste» e dei metodi non proprio ortodossi usati da americani e alleati in Irak e Afghanistan, si sarebbe dovuto parlare di cherchez les femmes. Al plurale.
La notizia battuta ieri dalle agenzie di stampa diceva infatti che erano due, di nazionalità sconosciuta ed età compresa tra 20 e 30 anni, le donne che Assange era stato accusato di aver molestato e violentato in Svezia, dove si trovava per un giro di conferenze. Si apprendeva inoltre che lui si era reso uccel di bosco. I contorni della vicenda erano apparsi fin dall’inizio confusi, perlomento stando alla vaghezza della dichiarazione rilasciata dalla direttrice della comunicazione della Procura di Stoccolma, Karin Rosander. «Julian Assange è ricercato per due ragioni differenti, una di queste è per stupro», aveva detto. Aggiungendo: «Possiamo confermare che è ricercato». Nulla più.
Un «nulla più» che lasciava molti interrogativi aperti, specie tra i collaboratori e i sostenitori di Assange. E che al tempo stesso contribuiva a tingere la vicenda con le torbide sfumature del giallo internazionale. Appariva insomma come una versione molto meno nobile, considerate le accuse infamanti, rispetto a quella del cinematografico Intrigo a Stoccolma di Alfred Hitchock. Unico punto in comune, a volerne trovare uno, il colore dei capelli del protagonista: biondi quelli di Assange così come lo erano quelli di Paul Newman.
Proprio dalla capitale svedese, qualche giorno fa, il fondatore del sito aveva annunciato di essere pronto a diffondere altri 15mila inediti documenti relativi a episodi (si presume anch'essi poco chiari e poco edificanti) riguardanti il modus operandi delle truppe statunitensi e alleate nei più tormentati angoli del mondo. Questa mina annunciata sarebbe andata molto presumibilmente ad allargare (e ora ben più sicuramente lo farà) la già vistosa breccia aperta da WikiLeaks nelle maglie della sicurezza militare americana con una prima ondata di 70mila documenti. Documenti che avrebbero dovuto rimanere riservati. Tra questi, a suscitare più scalpore era stato un filmato del 2007, relativo alla campagna in Irak e ripreso dalla telecamera di un elicottero americano. Uno spezzone in bianco e nero, un po’ tremulo, in cui si vedeva una raffica di colpi stendere al suolo una dozzina di persone, tra le quali due giornalisti dell’agenzia Reuters: i teleobiettivi delle loro macchine fotografiche erano stati scambiati dall’equipaggio per mitragliatori o lanciarazzi. Facile quindi il sorgere del sospetto, tra i seguaci e i collaboratori di Assange, ma non soltanto tra loro, di una manovra per screditare il fondatore del sito.
A confermare la fondatezza del sospetto, è arrivata poche ore dopo la marcia indietro della Procura svedese, scritta di persona dal suo capo, Eva Finne. Dal documento risulta in modo chiaro che Assange «non è più sospettato di stupro e molestie.

Tutte le accuse a suo carico sono state cancellate e lui non è più ricercato» dal momento che «non c’erano prove sufficienti per spiccare un mandato di cattura».
Come dicono, molto lontano da Stoccolma, ovvero in Veneto? Peggio el tacon del buso.

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