Tre generazioni di artisti nel ventre della balena

Mi piace immaginare, perché no, che la porta sia una grande bocca. E che le mura e le stanze su più livelli di Cerruti Arte siano di carne: il ventre di una grande balena dove sono riunite tre generazioni. Lui, che non ha smesso di guardare a quella stessa balena negli ultimi quarant'anni, il padre da cui ha mutuato la coscienza della materia e il figlio, che si muove sulle orme dei due scrivendo le coordinate di un nuovo cammino. Mi piace immaginare questo scenario guardando «Concerto a sei mani» un'opera che vede Angelomichele, Nicola e Michelangelo Salvatore giocare insieme con quella balena che Nicola ha eletto, fin dagli anni Settanta, a proprio segno, territorio di esplorazioni e carotaggi simbolici, meta e obiettivo di un percorso umano e artistico. Sì perché la mostra «Transgenerazioni» (Cerruti Arte, piazza dei Garibaldi 18 r Genova, fino al 15 giugno 2011) riunisce insieme per la prima volta Nicola Salvatore al padre e al figlio in un dialogo fitto di corrispondenze, dove il linguaggio di ciascuno risuona armonicamente con quello dell'altro. La ricerca di Nicola Salvatore sul segno-balena è il la dell'esposizione. Balena che è il «grande pesce» di Giona, il terrore di Pinocchio, la sfida ultima del comandante Achab e molto altro ancora: il cetaceo, che ha dovuto abdicare la maestà sui mari all'uomo dei sonar, è nella ricerca dell'artista un archetipo che custodisce i suoi possibili significati ma è pronto a detonarne di nuovi. Così in mostra ecco una selezione di opere di Nicola Salvatore: di origini campane vive da anni a Como, è docente all'Accademia di Brera, dove hanno fatto storia i suoi laboratori in cui l'arte sposa la cucina - da cui il libro «Il Bello è il Buono» scritto con Aldo Spoldi e Gualtiero Marchesi. Salvatore è anche Art Director di Costa Crociere e molte sono le sue opere a bordo di queste regine del mare: sulla prossima Favolosa, che sarà varata a luglio, due grandi lavori in bronzo. Artista sensibile e attento, grazie alla familiarità di una forma ci traghetta verso nuovi orizzonti di senso: negli anni il maestoso cetaceo - figura simbolica, arcaica e nella sua ricerca quasi totemica - ha trovato nella tela il proprio mare in dipinti tono su tono, dove il segno ha il carattere dell'antico graffito, rarefatto ed essenziale. Ha abitato grandiose sculture, dove materiali distanti si attivano sinergicamente nella forma, e brani plastici dall'impronta monolitica in acciaio specchiante. Le opere paiono generarsi naturalmente intorno al segno-balena: spesso a dichiararlo è una silhouette leggera, sensibile alla luce e allo spazio, dalla consistenza di un'idea o di un sogno. La balena è allora già memoria: scheletro o fossile, come in una sorta di prefigurazione che scopriamo, per intime corrispondenze, a noi familiare. Un emblema della forza della natura diventa simulacro ma non rinuncia a muoversi nel tempo eletto proprio del mito che riconosciamo in tutta la sua franchezza in una grande scala. L'ascesa è negata perché i pioli sono sottili profili di balene o forse è indicata proprio dalla fragilità del percorso, a suggerire la necessità di uno sguardo, di una conoscenza diverse. A fare da contrappunto alle opere di Nicola Salvatore quelle di suo padre, Angelomichele, cresciuto nella tradizione della ceramica di Vietri. Scultore da oltre vent'anni, con le sue terrecotte - non di rado date in sposa a cristallo e zinco - ci guida in una verità genuina, fatta di colore e forme di grazia che si strutturano in episodi ironici e inediti.

Simile fedeltà al vero sottende le orme di Michelangelo, suo nipote, figlio di Nicola: le forme appena abbozzate di orme gioiscono di un cromatismo acceso e ammiccante e trovano albergo in una cosciente sperimentazione materica, eredità non di un modus operandi ma vivendi nel segno dell'arte che con lui ha già la forza della tradizione.

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