Ignazio Mormino
Chi ha il cuore «grosso» non è un generoso ma un soggetto a rischio: può essere colpito da infarto del miocardio o da ictus cerebrale tre volte in più di coloro che hanno un cuore «normale». In Italia, i soggetti che hanno un cuore ingrossato (tale anomalia riguarda in particolare il ventricolo sinistro) sono più di quattro milioni.
Al trentaseiesimo congresso dellAssociazione nazionale cardiologi ospedalieri (che ogni anno riunisce a Firenze più di tremila specialisti) questo argomento è stato illustrato dal professor Paolo Verdecchia, primario di cardiologia a Perugia. Egli ha presentato uno studio condotto su 711 pazienti, maschi e femmine, tutti ipertesi, tutti con ventricolo sinistro ipertrofico. Questi pazienti sono stati seguiti per 4 anni, con periodici controlli elettrocardiografici destinati a stabilire la scomparsa o la permanenza, dopo una terapia ipotensiva, della massa cardiaca.
Verdecchia e i suoi collaboratori (cardiologi di vari ospedali italiani) sono arrivati a questa conclusione: soltanto in 41 pazienti, quindi meno del dieci per cento, il rischio di gravi complicazioni vascolari è rimasto normale. In tutti gli altri è apparso triplicato (con particolare riguardo allinsorgenza dun infarto acuto del miocardio).
Lo studio, chiamato «Heart survey», ha potuto dimostrare che lipertrofia del ventricolo sinistro viene diagnosticata (cioè scoperta) in meno del 50 per cento dei casi. Da questa osservazione è nata una metodica (definita «Criterio Perugia») che punta sullelettrocardiogramma, peraltro consigliato dalla stessa Organizzazione mondiale della Sanità, nellipertensione; ma lo perfeziona.
In sostanza, si esaminano uno per uno tutti i «picchi» elettrocardiografici e si misurano in millimetri.
Il congresso fiorentino ha presentato altre proposte che prevedono una rete integrata di emergenza.
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