Tripoli - La Libia è in fiamme. Lo scenario è da guerra civile (la diretta video di Al Jazeera). Dopo sette giorni dall'inizio della protesta contro il governo i disordini sono arrivati a Tripoli, dove è stata saccheggiata la sede della tv di Stato e il fuoco è stato appiccato all’ufficio del governo centrale e ad altri uffici pubblici. Nelle strade si fronteggiano a viso aperto le armate filogovernative (Comitati rivoluzionari) e i rivoltosi che vogliono cacciare Gheddafi. Lo scontro è totale, strada per strada, quartiere per quartiere. Teatro della battaglia - psicologica e fisica - è la centralissima piazza Verde. Fino a ora si contano 250 morti, ma il bilancio è destinato a peggiorare di ora in ora. Intanto il ministro della Giustizia, Mustafà Abdel Jalil, si è dimesso dall’incarico per "protestare contro l’uso eccessivo della forza" contro i manifestanti anti governativi.
Disordini a Tripoli Un testimone riferisce che migliaia di persone si stanno radunando sulla Piazza Verde a Tripoli, l'ex Piazza Italia. Ha anche confermato che numerosi edifici pubblici sono stati incendiati nella capitale. Fra questi la fonte ha detto di aver visto la sede che ospita il Congresso generale del popolo (parlamento) quando si riunisce a Tripoli.
L'aviazione fa fuoco sui manifestanti Alcuni caccia militari - riferisce Al Jazeera - avrebbero eseguito dei raid contro i manifestanti che si trovano nel centro di Tripoli. Le forze di sicurezza libiche hanno attaccato "i covi dei terroristi", come vengono definiti sulla tv di Stato i manifestanti. Oltre ai bombardamenti da parte dell'aviazione sulla gente riunita in piazza per manifestare, l'esercito avrebbe sparato anche colpi di artiglieria. Sempre la televisione satellitare cita testimoni a Tripoli che hanno raccontato come gli attacchi aerei siano avvenuti su cortei durante i funerali delle vittime delle violenze dei giorni scorsi. E secondo un messaggio inviato via Twitter alla Bbc elicotteri Apache hanno attaccato civili che stanno marciando da Misurata, terza città della Libia a est di Tripoli, verso la capitale.
La rivolta a Bengasi Un'intera brigata dell'esercito regolare di stanza a Bengasi ha disertato, passando coi rivoltosi e impegnandosi a cacciare via i "mercenari" provenienti da diversi paesi africani, uomini armati fino ai denti che, dai tetti, fanno fuoco sui civili. La repressione è affidata a un fedelissimo del regime, Abdullah Senoussi, genero di Gheddafi.
Due caccia fuggiti a Malta Due caccia libici sono atterrati alla Valletta, dopo essere fuggiti da una base militare di Bengasi. Lo hanno riferito fonti militari maltesi. Dopo poco, sempre alla valletta, Quasi sono arrivati due elicotteri civili provenienti anche questi dlala Libia, con a bordo sette passeggeri, che hanno riferito di essere francesi, dipendenti di una compagnia petrolifera.
L'Italia alza l'allerta "In tutte le basi aeree italiane il livello di allarme sarebbe massimo in relazione alla crisi libica". Secondo fonti parlamentari qualificate una consistente quota di elicotteri dell’aeronautica militare e della marina militare in queste ore avrebbe ricevuto l’ordine di spostarsi verso il Sud. Allertati al "massimo livello di prontezza" gli stormi dell’aeronautica militare di Trapani e Gioia del Colle da cui partono i caccia che hanno il compito di intercettare velivoli entrati senza autorizzazione nello spazio aereo nazionale. Sia da Gioia del Colle (con gli Eurofighter) che da Trapani (con gli F16), tutti gli equipaggi sono così pronti a decollare immediatamente, se necessario, per neutralizzare eventuali minacce aeree. Ulteriori misure potranno essere valutate nel prossimo futuro a seconda dell’evoluzione del rischio.
Via il ministro della giustizia E il ministro della Giustizia libico si è dimesso in segno di protesta "per l’eccessivo uso di violenza contro le manifestazioni". Lo riferisce il quotidiano libico Qurina. Il "ministro Mustafa Abdeljalil, in una chiamata telefonica al giornale Quryna, ha detto di aver presentato le dimissioni per protestare contro i sanguinosi avvenimenti e l’uso eccessivo della forza contro i dimostranti disarmati da parte delle forze di sicurezza" scrive il quotidiano online vicino ad un figlio del leader libico Muammar Gheddafi, Seif al-Islam.
Rischio golpe militare Al Jazeera riferisce che all'interno dell'esercito ci sarebbero grandi tensioni, al punto da poter prevedere che il capo di stato maggiore aggiunto, El Mahdi El Arabi, possa dirigere un colpo di stato militare contro il colonnello.
Dov'è finito Gheddafi? In una situazione che di ora in ora si fa sempre più caotica non si sa nulla del leader libico. Dov'è finito? Ha ancora le redini del comando, protetto dall'esercito, oppure è fuggito via, per evitare il peggio? Un video su YouTube mostrerebbe la fuga di Gheddafi con i suoi fedelissimi nella città desertica di Sebha (centro meridionale della Libia). Nel video, messo in rete il 20 febbraio, si vede quello che sembra un corteo presidenziale con oltre 75 fuoristrada, blindati, due pullman e due auto della polizia sfrecciare ad altissima velocità. Sono di ieri le voci che sostenevano che Muammar Gheddafi avrebbe lasciato la Libia e si sarebbe rifugiato in Venezuela come riportato da un corrispondente di al Jazira da Tripoli. Voci smentite dall’opposizione che sostiene - come dimostrerebbe il video - che il colonnello è ancora in Libia. Per ora in tv si è fatto vivo solo uno dei figli del colonnello. Ha promesso il pugno di ferro contro i ribelli.
Il figlio va in tv Saif al Islam è comparso in tv, ieri sera, per assicurare che il padre è in Libia, che "non è un leader come Ben Ali o Mubarak", ed è sostenuto dall’esercito. In un discorso trasmesso nella notte dalla televisione di stato, Saif ammette che le forze di sicurezza hanno commesso "errori" nel loro intervento contro la folla di manifestanti, perché, ha detto, non sono state addestrate a questo genere di operazioni, ma smentisce che siano state uccise oltre 200 persone a Bengasi nella violenta repressione delle proteste, così come denunciato da fonti mediche e dell’opposizione. Intanto la sede di una tv e una radio, a Tripoli, è stata saccheggiata e nella capitale libica alcuni edifici pubblici sono stati dati alle fiamme. Si tratterebbe dello stabile che ospita la televisione Al Jamahiriya 2 e la radio Al-Shababia.
L'accusa alle potenze straniere "Combatteremo fino all’ultimo, fino all’ultima pallottola", ha dichiarato, precisando che oggi si riunità il parlamento per discutere un "chiaro" programma di riforme e l’aumento dei salari. "Dovremo definire una costituzione per il Paese", ha aggiunto. Il Paese precipiterà in una situazione "più grave di quella dell’Iraq" se prosegue la violenza, ha ammonito, denunciando la presenza di "elementi stranieri" nel Paese, e di un piano per stabilire un "emirato islamico" in Libia.
Berlusconi: "Inaccettabile violenza sui civili" Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, "segue con estrema attenzione e preoccupazione l'evolversi della situazione in Libia e si tiene in stretto contatto con tutti i principali partner nazionali e internazionali per fronteggiare qualsiasi emergenza. Il presidente Berlusconi è allarmato per l'aggravarsi degli scontri e per l'uso inaccettabile della violenza sulla popolazione civile.
L'Unione Europea e la Comunità internazionale - si legge in una nota - dovranno compiere ogni sforzo per impedire che la crisi libica degeneri in una guerra civile dalle conseguenze difficilmente prevedibili, e favorire invece una soluzione pacifica che tuteli la sicurezza dei cittadini così come l'integrità e stabilità del Paese e dell'intera regione".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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