Lei a scuola è brava, una studentessa modello, ai genitori presenta voti che li fanno inorgoglire della loro figliola. Passa ore con la testa sui libri, in classe si comporta come si deve. Ad alcuni compagni di Annalisa, la chiameremo così, 13 anni, la cosa non va giù. Più che invidiosi sono bulletti, amano fare gli indisciplinati e pretendono di essere imitati da tutti. Decidono: «Annalisa ha bisogno di una lezione», di quelle che piacciono a loro. La fotografano con le immancabili telecamere dei telefonini, scrivono sotto frasi oscene, offensive: insomma la fanno passare per una «facile» da abbordare. Ovviamente sono tutte frottole, menzogne, tanto per infangare la stima che i professori hanno per la «secchiona». Tutto accade alla scuola «Aldo Moro» di Besana Brianza. Classe terza media. Non sono neppure adolescenti e già vogliono imitare al peggio quelli grandi, quelli che vanno alle superiori. Perché non emanciparsi in fretta e furia? Un peccato.
Il manipolo di bulli in erba fa circolare tutto attraverso un blog e tramite posta elettronica. Avanti con la rete on line. Non basta, quando la incontrano non perdono occasione per sfotterla. La sua «colpa»: troppo brava. Troppi giudizi positivi in tutte le materie. Che fare? Il mondo gira così. Annalisa intuisce, vede sullo schermo del computer il capolavoro che hanno combinato i suoi compagni di classe.
È una ragazzina tanto sensibile. Non trova il coraggio di raccontare tutto a mamma e papà. Neppure una parola anche al preside o a qualche professore. Si vergogna. È turbata. Non avrebbe alcun motivo, eppure non vede vie d’uscita. L’altro giorno alle sette di sera esce da casa. Due ore e mezza dopo i genitori sono in ansia: doveva assentarsi per qualche minuto da casa, invece, non rientra. Sparisce. Mamma e papà sono in ansia. Preoccupati, con il cuore in gola, corrono dai carabinieri e presentano la denuncia della scomparsa. Iniziano le ricerche. Decine di militari dell’Arma con i cani addestrati, uomini della protezione civile e gli agenti della polizia locale perlustrano i boschi della zona. Si teme il peggio.
Magari Annalisa, sconvolta dalla vicenda, potrebbe aver cercato una soluzione drammatica per mettere fine a quell’incubo che le si è infilato in testa. Alle dieci del mattino i carabinieri la trovano: è stravolta, infreddolita. Piange. Un sottufficiale la prende in braccio. La rincuora. Ha bisogno che qualcuno le dica una cosa: di sicuro, chi deve vergognarsi non è lei. Un rapporto è inviato alla Polizia postale, un altro alla procura della Repubblica di Monza.
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