Forse perché lei stessa è compagna di un poeta, R.M. Ryan. Forse perché ci ha messo quindici anni a chiudere il manoscritto e in quindici anni si ha modo di riflettere a fondo su ogni parola delle oltre 700 pagine. O forse perché è una donna e lui le donne l’hanno sempre indagato, capito, perdonato, anche quando i suoi gesti erano al limite della crudeltà mentale. Fatto sta che Carol Sklenicka, californiana, docente di scrittura creativa, scrittrice e autrice di Raymond Carver. Una vita da scrittore (in uscita il 10 maggio per Nutrimenti, pagg. 784, euro 25, traduzione di Marco Bertoli, verrà presentato al Salone del Libro di Torino il 15 maggio, ore 18), ha scritto una biografia magistrale, risolutoria.
Tra gli osanna della stampa americana - negli Usa il volume è uscito alla fine del 2009- quello che dovrebbe compiacerla di più è l’esortazione ai docenti che chiude la recensione di una piccola rivista: «Non date mai più da leggere Carver ai vostri studenti se non accompagnato dalla Sklenicka». O forse la consacrazione viene dal gran rifiuto. Sklenicka ha fatto centinaia di interviste per questo libro e soltanto una persona le ha detto no: Tess Gallagher, la Vedova, la poetessa che ha convissuto con lui per gli ultimi dieci anni della sua vita, sposata appena prima di morire. Non ne ha voluto sapere e siccome controlla i diritti di tutte le opere ha costretto l’autrice a scrivere potendo usare soltanto citazioni brevissime, selezionate insieme a un consulente. Ma Sklenicka l’ha presa bene: «Carver citava continuamente altri autori nelle sue poesie» ha dichiarato a chi le ha chiesto come mai non si sia scoraggiata. «E quando gliene chiedevano conto, rispondeva che esiste un “diritto d’amore”. Se ami davvero un’opera,puoi citarla.
E io mi sono sentita in diritto». Carver e il risentito rapporto con il suo pigmalione-editorscopritoresfruttatore-sfruttato Gordon Lish, ovvio. Carver e il tenero e violento rapporto con le sue donne-amanti-muse-badanti, anche più ovvio. Carver e l’alcol. Carver e l’infanzia. Carver e i soldi. Carver e la scrittura. C’è tutto. Ma ci fosse solo questo si tratterebbe dell’indispensabile cronaca di ogni momento della vita dell’autore dei racconti che hanno trascinato la letteratura americana del Novecento a guardare e dolorosamente ascoltare quel che accade sul retro: Vuoi star zitta, per favore? , Di cosa parliamo quando parliamo d’amore e Cattedrale ( tutti Einaudi). Invece qui, per la prima volta, il «Ray cattivo», che in teoria si dissolse alla fine degli anni Settanta, quando si liberò dal governo di Lish e dall’alcol, e il «Ray buono» (Ray, oltreché diminutivo di Raymond, in inglese significa «raggio»), il consacrato «Cechov americano» compagno di Tess, sono due anime che giostrano senza interruzione, rubandosi la scena. Qui, Carver è uomo di profonda bassezza morale.
Non solo quando negli anni ’60 e ’70 abusava della prima moglie Maryann Burke, trascurava i bambini e truffava lo Stato della California perché era un alcolizzato depresso e senza scrupoli. Ma anche quando negli anni ’80, inequivocabilmente sobrio, buggerava la sua agente Liz Darhansoff sulla percentuale di 500 dollari o comprava una Mercedes nuova, in contanti, mentre i figli e sua madre vedova avevano disperatamente bisogno di soldi per sopravvivere. Mentiva senza soluzione di continuità: millantò per tutta la carriera di aver preso all’Università dell’Iowa un Master in Fine Arts, permise alla Paris Review di stampare estratti di una sua intervista con Lewis Buzbee sotto un’altra firma e poi spedì un telegramma a Buzbee in cui diceva di non saperne nulla.
Ma il genio di Sklenicka sta nel raccontare senza giudicare e nel dimostrare, facendo questo, di amare Carver al punto da offrircelo, nudo. È così che la biografia diventa illuminante dell’opera e Sklenicka trova i migliori collegamenti tra racconti e vita vera. Su uno dei più imperscrutabili e amati, Vitamine , storia di una donna che vende vitamine porta a porta,piomba l’epifania quando scopriamo i dettagli della vita di Maryann venditrice di enciclopedie. La morte di Harry ha d’acchitto un senso quando ci viene svelato che la cognata di Carver, Amy Burk, fu coinvolta in un popolare processo per omicidio.
La stessa brutale sprezzatura per l’umano di questo ex ciccione infelice e scherzato da tutti che, ragazzino, trovò in Tarzan e nella letteratura pulp il suo unico conforto, ci appare sopportabile quando scopriamo che, sedicenne, si iscrisse al corso per corrispondenza del Palmer Institute of Authorship e che faceva proprio tutti i compiti nei termini assegnati, anche quando a 19 anni divenne marito e padre. La stessa Sklenicka non sa se crederci quando Carver dice che il corso lo finì. Ma ha letto quei compiti, scrive che sono molto buoni. E così, alla fine, ci appare anche amabile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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