LA TV IMBALSAMATA DALLA PAR CONDICIO

Magari si potesse dire: par condicio, mezzo gaudio. Magari si potessero liquidare gli effetti della par condicio sull'andamento televisivo generale con un'alzata di spalle. Non si vede l'ora che arrivi il 9 aprile per una serie di evidenti motivi che minano alla base la «scorrevolezza televisiva» di questo periodo. Accendi la tv e vedi scene che sembrano scenette: fior di conduttori in preda a un'ansia coinvolgente ogni qual volta siano costretti a intervistare qualcuno, indipendentemente dall'argomento in discussione. Magari si sta parlando di flora, fauna, estetica o delle canzoni del Festival. Fa niente, il terreno è comunque minato, l'insidia può nascondersi dietro ogni angolo, cenno, aggettivo. Anni di meritoria carriera sembrano ora alla mercè della spada di Damocle della par condicio, che impone di vigilare affinché non venga detto nulla di «innominabile», alcunché di compromettente o equivocabile come «sbilanciato». Tutti lì a fare come Fabio Fazio al cospetto di Luciana Littizzetto, a temere che dalle bocche dei presenti venga fuori qualcosa che non si doveva dire. C'è chi si spinge a premettere, a scanso di dubbi: le ricordo che lei ha firmato una carta, prima di entrare in trasmissione. C'è chi non riesce a nascondere una faccia da «chi va là», e appena l'argomento rischia di scivolare verso zone a rischio cambia discorso. Oppure fa come davanti al proprio gatto che sta per saltare sul tavolo imbandito, e lo minaccia con gli occhi, e magari gli scappa anche un «no eh... no...». L'altra sera Andrea Pezzi nel corso del Tornasole aveva davanti Battiato e ha finito per trattarlo da bambino in odor di marachella, nella paura che stesse per dire qualcosa di «politicamente sconveniente»: «Aspetta, no, dai, ho capito a chi alludi, basta così, su, ci siamo capiti». La tv di questo periodo è tutta così: rattrappita, imbalsamata, paurosa della propria ombra, con il freno a mano tirato. La sindrome da par condicio è talmente forte che chi prova a scherzarci sopra, come ha fatto Panariello al Festival, ottiene effetti deludenti, come a testimonianza del fatto che solo a nominarla, la par condicio, si precipita in cali di energia abissali. Hai voglia a sorriderne come se niente fosse. Ad aggravare tutto ci si mettono anche gli osservatori esterni, i tanti e troppi vigilantes che stanno lì a scrutare eventuali infrazioni, in preda a un'altra sindrome, quella della denuncia perpetua.

E sembra di stare all'asilo, e chi ha fatto il nome di una certa parte politica deve subito citare anche l'altra, e se hai detto qualcosa di brutto di qualcuno devi compensare immediatamente dicendo qualcosa di bello. E qui naturalmente il compito si fa difficile per tutti, ancora di più.

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