Tre signori sono stati protagonisti del primo congresso dell’Italia dei Valori. Ad applaudirli, in prima fila, il leader del Pd Pierluigi Bersani. Come dire, gente seria, garantisco io. Vediamo chi sono i tre. Il primo, ovviamente è Antonio Di Pietro, fondatore del partito, la cui immagine sta uscendo a pezzi da sospetti, supportati da fotografie, di collusioni con i servizi segreti italiani ed esteri ai tempi di Mani pulite e da accuse, da parte di suoi ex collaboratori, di scarsa trasparenza nella gestione dei fondi del partito (56 milioni di euro). Il secondo è un altro ex magistrato passato alla politica (è deputato europeo dell’Idv), Luigi De Magistris, che prima di entrare in politica fu trasferito e censurato dal Csm per «gravi anomalie» nelle sue inchieste, una delle quali provocò la caduta del governo Prodi (l’avviso di garanzia all’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella, poi risultato completamente estraneo) e che forse per questo riceve oggi gli onori di Bersani. Il terzo è un ex poliziotto, Gioacchino Genchi, simpatizzante dipietrista, oggi consulente delle Procure di mezza Italia e balzato agli onori della cronaca per aver intercettato i telefonini di 350mila italiani, per questo finito sotto inchiesta e ancora al centro di una intricata vicenda giudiziaria che però non gli impedisce di continuare la sua attività, ben retribuita, al fianco di molti magistrati. Che non hanno ovviamente avuto nulla da ridire quando ieri, dal palco Idv, Genchi ha annunciato di sapere con certezza che l’attentato di Milano contro Silvio Berlusconi è stato una montatura organizzata dallo stesso premier per commuovere gli italiani e intimidire gli avversari.
Insomma, due discussi e discutibili ex magistrati e un ex poliziotto farneticante, spione di professione, si candidano a guidare il Paese in compagnia del Pd e in alternativa al Pdl, il più grande partito liberale europeo. In attesa che il sogno si avveri suggeriamo al trio investigativo di tenersi allenato risolvendo il seguente rebus. Nel 2008 la maggior offerta spontanea all’Italia dei valori è stata fatta da una piccola emittente milanese, «Sei Tv». Si tratta di 50mila euro. Nulla di illegale, ovviamente, ma è legittimo chiedersi come mai una emittente che non trasmette più dal 2002, e che alla data dell’elargizione risulta alla Camera di commercio «inattiva» e con un solo dipendente, sia stata così generosa con Di Pietro. Proprietario di «Sei Tv» è Raimondo Lagostena, noto imprenditore televisivo, titolare del gruppo Odeon, che attualmente si trova in carcere. È coinvolto in una storia di presunte false fatturazioni e fondi neri sulla cessione di spazi pubblicitari televisivi a favore dell’assessore regionale lombardo Gianni Prosperini, anche lui agli arresti.
Del resto Di Pietro conosce è apprezza le tv di Lagostena, tanto che alle ultime elezioni europee l’Idv utilizzò su quelle reti spazi pubblicitari per un valore di oltre 200mila euro. Che però, a quanto ci risulta, nonostante le rigide norme che regolano la pubblicità elettorale, non furono fatturati in prima battuta al partito dell’ex Pm, ma acquistati direttamente da Lagostena. Quasi 50mila euro di quei 200, finirono poi alla inattiva «Sei Tv», la benefattrice dell’Idv. Insomma, una storia sicuramente legale ma complicata, come tutte quelle che vedono protagonista Di Pietro.
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