La modernità di “Questi fantasmi!” e la tradizione dell’opportunismo

Il capolavoro del drammaturgo napoletano si svolge nell'Italia dell'immediato dopoguerra

La modernità di “Questi fantasmi!” e la tradizione dell’opportunismo
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Questa sera su Rai 1 (ore 21.30) un altro tributo al genio teatrale di Eduardo De Filippo. Dopo l’opinabile (ma discutibili sono tutte le “riletture in chiave moderna“ delle commedie eduardiane) “Natale in casa Cupiello” versione Vincenzo Salemme - meritatamente premiata dai dati auditel - è la volta di “Questi fantasmi!” (il titolo originario prevede il punto esclamativo, andato perso non si sa bene per quale motivo nelle riproposizioni postume ndr) con la regia di Gassmann (Alessandro) , un altro testo-capolavoro scritto dal grande drammaturgo napoletano nel 1945 e interpretato per la prima volta il 7 gennaio 1946 all’Eliseo di Roma. Siamo nell’immediato dopoguerra, l’Italia si sta ricostruendo, ed Eduardo coglie un tratto tipicamente nazionale che però, a ben guardare, fa parte della categoria umana in senso lato e trasversale a ogni connotazione geografica: l’opportunismo. Che, considerato le scenario napoletano che fa da sfondo alla narrazione, sarebbe fin troppo facile declinare nell’accezione stereotipata dell’ “assistenzialismo meridionale”: ma sarebbe, appunto, un errore, una semplificazione banale, figlia di quel riflesso pavloviano che non sa - o non ha gli strumenti culturali per farlo - reagire alla demagogia dei luoghi comuni; spunti di riflessione che la visione odierna del “film” diretto da Alessandro Gassmann (il cui padre Vittorio fu amico di Eduardo nonché interprete di un’altra edizione televisiva di “Questi fantasmi!”) è auspicabile rilanci, magari con un approccio scevro da pregiudizi. Protagonista “universale” della storia è Pasquale Lojacono, un piccolo-borghese partenopeo in difficoltà economiche che si trasferisce in un antico palazzo sfitto da tempo. Il portiere Raffaele, uomo molto superstizioso, gli racconta di un tragico evento accaduto in quello stesso edificio: il Grande di Spagna Rodriguez Lòs Deriòs aveva sorpreso la moglie in compagnia di un amante, e li aveva fatti murare vivi entrambi. Da allora il palazzo sarebbe infestato da fantasmi. È a questo punto che la situazione finanziaria del nuovo padrone di casa ha una svolta: ogni giorno infatti nella tasca della sua giacca appesa all’attaccapanni, il “fantasma” (in realtà l’amante della moglie che però Lojacono fa di tutto per non vedere…) fa trovare una somma di denaro. Morale: lui ha ormai la certezza del tradimento, ma quella tresca tra la moglie e il finto fantasma ormai gli fa troppo comodo. Quindi bisogna continuare a “non vedere”: i debiti sono tanti e guadagnare soldi così è una bella comodità. Lojacono non vuole rinunciarci e addirittura non si fa scrupolo di alzare la posta in palio.

Siamo alla mercificazione dell’amore, altri sentimenti come orgoglio e dignità diventano stracci per assorbire indebiti guadagni. Lojacono ci fa pena. Ma quanta parte di lui si cela in ciascuno di noi? Difficile confessarlo. Impossibile confessarselo

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