Ucciso per una birra: in manette due operai

I carabinieri della compagnia di Desio hanno arrestato gli assassini di Luigi Pagano, 33 anni, ucciso nella notte fra mercoledì e giovedì all’esterno di un chiosco di Lissone, in Brianza, a causa di una birra non pagata e di un diverbio degenerato tra ubriachi.
I due arrestati sono entrambi operai e incensurati. Si tratta di Vito D’Apice, 28 anni e di Stefano D’Ambrosio, 38 anni, residenti a Muggiò. Adesso i due si trovano rinchiusi nel carcere a Monza a causa di una banale richiesta, trascesa in lite a causa del tasso alcolico delle persone coinvolte e conclusasi con un pestaggio selvaggio e poi con il delitto.
Ma vediamo com’è andata. Luigi Pagani, 31 anni, viveva a Desio con la madre e il fratello maggiore. Anche lui operaio e incensurato, Pagani non aveva un lavoro fisso e campava con lavoretti occasionali, spesso in nero.
Giovedì mattina all’alba (erano le 4) Luigi si era fermato con alcuni amici al chiosco «Il buon panino da Luca», a Lissone: un locale che ha una buona fama perché lì non è mai successo niente. Il ragazzone era un po’ alticcio e, dopo essersi seduto a un tavolo con i suoi amici, avrebbe chiesto ad atri due uomini seduti nel tavolo accanto e che non aveva mai incontrato prima (D’Apice e D’Ambrosio, appunto, arrivati dopo di lui nel locale) di offrirgli da bere. «Pagatemi una birra» avrebbe detto la vittima ai due. Che, a quel punto, rispondono piccati con un diniego deciso ed eccessivo, ovviamente alterato da precedenti bevute. È stato allora che i toni si sono accesi: i due si sono alzati in per confrontarsi con Luigi Pagani. Uno dei due lo ha colpito più volte a pugni in faccio, rincarando la dose con una sfilza di calci violentissimi. Alla fine Pagani, senza più forze, è stramazzato al suolo ed è morto quasi sul colpo dopo aver sbattuto violentemente la testa sull’asfalto, in particolare su un cordolo di cemento. Il «quasi» è d’obbligo: uno dei du aggressori, infatti, mentre Luigi era a terra semincosciente e incapace di reagire, gli ha sferrato alcuni calci. Quindi D’Ambrosio e D’Apice, ubriachi ma consci dell’aria che cominciava a tirare, sono fuggiti.
I carabinieri hanno ascoltato i testimoni dell’aggressione. Sono stati loro a riferire il nome di battesimo di D’apice ed è stato a quel punto, sfogliando gli archivi, che i militari sono risaliti alla sua identità.

Il giovane è è stato arrestato a casa della sua fidanzata. Dal suo telefono i militari sono risaliti all’identità del suo complice e, a quel punto, anche D’Ambrosio è finito in manette. Per entrambi le accuse sono di omicidio preterintenzionale aggravato da futili motivi.

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