da Roma
Che un vicepresidente dellEuroparlamento parli male degli israeliani non è granché corretto, ma ci può stare. Che affidi la sua condanna al settimanale dei neonazisti tedeschi (Dvu) è già più sconcertante. Che infine liquidi con lepiteto di «razzista» un collega deputato a Strasburgo che lha accusata di aver indicato Gerusalemme come epicentro dellapartheid, dovrebbe esser materia da rimozione dallincarico. O no?
Lha fatta grossa Luisa Morgantini, eletta nelle file di Rifondazione comunista. Ai primi di novembre, dopo esser volata a Gaza e in Cisgiordania, ha concesso unintervista alla National Zeitung in cui si lancia contro il governo israeliano dicendosi «sconvolta» dalle condizioni dei palestinesi che «vivono in gabbia», tra posti di blocco, muri, difficoltà di ogni genere. Fa capire, la Morgantini, che a questo punto bene farebbe la Ue a rivedere il suo atteggiamento nei confronti della questione israelo-palestinese: afferma senza indugi che «la responsabilità primaria» di ciò che accade nellarea era e resta degli israeliani. Nei cui confronti si potrebbero ipotizzare forme di boicottaggio europeo.
La questione poteva rimanere confinata in un angolo, anche perché il tedesco è masticato pochino nella Ue. Tanto che un successivo attacco alla Morgantini da parte dellautorevole Die Welt (lo scorso 10 novembre) non crea sussulti. Capita però che la cosa finisce sotto locchio attento del periodico francese Marianne, legato ai socialisti transalpini. Ed ecco spunta la bufera. A Bruxelles non son pochi che sindignano. Anche perché nel frattempo la Morgantini si era affrettata a spedire una precisazione al quotidiano tedesco in cui lasciava intendere di non conoscere gli addentellati politici del settimanale che le aveva chiesto lintervista.
Ma come? Possibile non sapesse che National Zeitung - vecchio quotidiano liberale di fine 800 e poi esaltatore della politica hitleriana - era stato rilevato dal discusso miliardario Gerhard Frey, messo al servizio del Dvu e noto perché, oltre allamicizia con lOlp per il comune sentire anti-ebraico, predicava «lespulsione degli stranieri in quanto criminali» dalla Germania? Possibile non sapesse (bastava guardare sul suo sito) che vende libri, dvd, dischi e medaglie - tra cui croci di ferro e icone di Otto Skorzeny, Leni Riefensthal, Rommel e Guderian - dai chiari riferimenti? «A causa di un fraintendimento ho imprudentemente rilasciato unintervista a quel giornale», si giustifica leuroparlamentare, giunta al Prc dopo essere stata la prima donna nella segreteria milanese dei metalmeccanici (Flm), dopo aver fatto limpiegata e lassistente sociale presso lInca-Cgil. Marianne a questa spiegazione un po raffazzonata non ci sta, e rincara la dose. Brutto affare che un vicepresidente dellEuroparlamento critichi gli israeliani su una rivista nazista. «Non ho mai usato il termine sionista» si difende lei. Solo che la polemica finisce sotto locchio di Mario Borghezio, che notoriamente, è spacciato da tempo a sinistra nelle aule dellEuroparlamento come proto-nazista. E lui a questo punto, complice il sentirsi continuamente nel mirino, decide di non restare in silenzio. Prende carta, penna e scrive al presidente dellEuroparlamento Poettering: può restare sua vice una che dialoga coi neonazisti?
La Morgantini però mica si pente o fa finta di nulla. A chi gli dice cosa pensi a riguardo, replica secca: «A Borghezio non rispondo perché lo ritengo un razzista!».
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