Ultime sul Paradiso in un libro di Pippo Corigliano, portavoce dell'Opus Dei

L'argomento tira: è la quinta edizione in quattro mesi. Tra ricordi personali, canzoni e film amati l'autore legge nella vita quotidiana gli «indizi» dell'aldilà

Il posto in terra che più si avvicina al paradiso? É Capri, per Pippo Corigliano. E non solo per le bellezze naturali, ma per l'insieme dei ricordi legati all'isola. Un insieme di piccoli paradisi terreni, che ricordano come quello vero c'è e ci attende.
Se il portavoce dell'Opus Dei per quarant'anni, per di più ingegnere, scrive un libro che si chiama «Preferisco il Paradiso. La vita eterna com'è e come arrivarci» (Mondadori), ci si aspetta qualcosa di dotto, austero e un po' barboso, non certo che si citino canzoni e film insieme al Vangelo e ai discorsi di Escrivà de Balanguer.
Ma Corigliano è anche un signore napoletano dall'incontenibile spirito umoristico e dalla sottile ironia, che stupisce affrontando temi così alti con una penna che gronda allegria e gioia di vivere.
Per parlare di quel paradiso di cui tanto poco oggi si parla, ne scova gli assaggi nel quotidiano, legge gli «indizi» lasciati da Dio per l'aldilà, descrive quell'«innamoramento», quell'incanto» che caratterizzeranno un così alto stato di grazia.
Come sarà? «Sarà più che togliersi tutti gli sfizi della terra». E poi Corigliano fa un esempio godurioso che fa crollare ogni residua idea di lui come di un severo fustigatore di vizi. Sarà meglio, scrive senza paura di essere dissacrante, che «mangiare una volta tanto una pizza napoletana, appena sfornata, piegata in quattro camminando per la strada, addentandola dall'angolo più morbido e sporgendosi in avanti perchè l'olio non vada sul vestito». Tutto l'opposto dell'inferno, paragonabile ad una riunione di condominio.
Lo spirito partenopeo è prepotente, non arretra neppure di fronte a religione e teologia. Conosciamo Corigliano, nelle pagine del suo libro, come un discreto ballerino di mambo appassionato di filosofia, che alla fine del liceo incontra dei giovani dell'Opus Dei e incomincia a «fare amicizia con Dio». La colonna sonora, nelle sue orecchie, sono le canzoni di Patty Pravo e di Claudio Baglioni: «Al di là del tuo sguardo chi sa cosa c'è?». «Strada facendo vedrai...».
Il giovane di allora adesso ha una fede incrollabile, che non gli impedisce di porsi tanti perchè.
Nel libro della Genesi, come nelle fiabe da Pinocchio a Cenerentola, cerca le note di speranza che contraddicono il mondo senza Dio raccontato da «quasi tutta la fiction mondiale che passa per la tv, il cinema e gli altri media».
Il paradiso, soprendentemente, è un argomento che tira se questo libro è arrivato alla quinta edizione in quattro mesi e continua ad essere presentato in tutte le città d'Italia, oltre che in programmi televisivi e radiofonici, da personaggi come Giuliano Ferrara, Ferruccio De Bortoli, Susanna Tamaro e Marco Tronchetti Provera, apprezzato da tanti altri come Corrado Augias e Renzo Arbore.
Malgrado il titolo, il libro non vuole essere una guida per conoscere l'aldilà: «Se lo potessi descrivere, il paradisso sarebbe poca cosa».
Piuttosto, vuole spiegare «come raggiungere la felicità del cielo essendo felici qui sulla terra». É l'insegnamento di san Josemaria, il fondatore dell'Opus. E qui si spiega anche la gioia di vivere, di cogliere sempre il bello dell'esistenza, che Corigliano trasmette in queste pagine. Lo fa anche quando cita il suo film preferito, «La vita meravigliosa di Frank Capra, in cui un aspirante suicida scopre che la sua esistenza non è disastrosa come gli sembrava ma addirittura desiderabile.
«É l'opera cinematografica - scrive Corigliano con il suo divertente pragmatismo- più antidepressiva che conosca. Se fossi un medico, consiglierei di vederla almeno una volta all'anno». E aggiunge consigli pratici: evitare sogni impossibili e ambizioni travolgenti e invece «coltivare progetti professionali in un quadro d'amore».
La fede come gioia di vivere è anche l'alto insegnamento di Giovanni Paolo II, il Papa che canta con i giovani di tutto il mondo e accenna con loro le danze tradizionali e moderne.
Nel libro si scopre anche il secondo film nella classifica dei best movies di Corigliano: «The Blues Brothers». «Perchè- spiega lui- i protagonisti si sentono "in missione per conto di Dio"».
Che l'autore sia un grande comunicatore, nel senso più moderno del termine, è chiaro. Portavoce di un movimento ritenuto tradizionalista per molti aspetti, conosce bene tutti i mezzi contemporanei d'informazione come tutte le tecniche di persuasione.
Colpisce che senta le vecchie canzoni di Nada su YouTube e si ricordi di un tormentone estivo che diceva «me gusta la lasagna, me gustas tu», per raccontare la banalizzazione attuale dell'amore.
Le sue riflessioni sono così estremamente attuali e vicine al lettore, anche quando si riferiscono agli insegnamenti di sant'Agostino e alle lettere di san Paolo.
Tutto viene filtrato dall'occhio e dalla mente del cristiano, quello che ha impressa «la griffe» di Gesù. E che coglie in un film come «Otto e mezzo» di Fellini la frase di Claudia Cardinale, simbolo della bellezza angelica, al protagonista-regista: «Tu non sai voler bene».
Per Corigliano il suo «libretto piacerà ad alcuni e innervosirà gli altri», perchè in certi casi «i contenuti della fede possono risultare indigesti».


La sua conclusione richiama proprio quella frase dell'attrice, quando dice che desterebbe stima ma anche compassione leggere su una tomba: «Era un grande ingegnere», oppure «É stato un grande giornalista». Meglio, molto meglio, sarebbe avere come epitaffio: «Qui giace una persona che sapeva voler bene».

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