Un'altra escort, che barba

Dopo Milano, anche i pm siciliani vanno a caccia di squillo che sarebbero state a Villa Certosa e Arcore. Ad aiutare i magistrati una trafficante di droga che si è pentita e, guarda caso, parla pure lei di Berlusconi

Il lodo Berlusconi esiste già, ma non vale per lui, per il premier. Sembra quasi una beffa. Questa legge non scritta, che le procure adottano ormai con consuetudine, funziona così: basta far balena­re l’idea che si è pronti a rivelare qualche peccato del Cav e i pm ti ascoltano con grande riguardo. La parola Berlusconi diventa uno scudo, un salva­condotto per rendere meno gravi i propri reati, uno scambio, un’assoluzione. Io ti incastro il Cav e tu mi offri una via d’uscita per i miei guai giudizia­ri. È un trucchetto che mafiosi, trafficanti di droga, faccendieri, ragazzine impaurite usano come car­ta di salvezza, come una via di fuga dalla dispera­zione. Quello che raccontano non è mai preciso e schiacciante. È sempre un discorso vago, carico di contraddizioni, un sentito dire da questa o da quell’amica,da questo o quel compagno di mala­vita. Accuse sfumate, improvvisate, di chi recita a soggetto e segue un canovaccio che persegue un solo obiettivo: dare alle procure quello che voglio­no sentire.

L’ultimo atto del lodo Berlusconi va in scena a Palermo, con Milano teatro classico di questi spet­tacoli. Arrestano a luglio Perla Genovesi, una gio­vane e insospettabile trafficante di droga. La foto segnaletica la mostra disfatta, con il volto dispera­to. La sua vita è piombata in un buco nero. Può solo sperare di cavarsela alla meno peggio, di mi­nimizzare il danno. Si pente. Sceglie di collabora­re. Ma cosa offre in cambio alla procura? Parlerà dei segreti di Paolo Messina, il capo dei trafficanti, sorpreso in passato ad avere rapporti con i favoreg­giatori del superlatitante di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro? Troppo scontato, troppo bana­le. La ciccia è altrove. Il lasciapassare non funzio­na tirando in ballo la mafia. Serve altro. Ecco che dalla memoria Perla Genovesi pesca la carta giu­sta: le escort del Cavaliere.

Non è una cosa che ha vissuto in prima persona. È più testimone, relatrice, che pentita. Quello che la trafficante di droga offre ai pm sono le confiden­ze di un’amica. Una che un giorno le disse: «Sono entrata nel giro di escort del presidente. Sono sta­ta anche a Villa Certosa in Sardegna». Perla Geno­vesi, dicono i pm, ha raccontato con dovizia di par­ticolari questo mondo di coca e sesso a pagamen­to. Tutto di seconda mano, ma chi se ne frega. Sve­la ai magistrati della Procura di Palermo un giro di escort e cocaina, con serate organizzate da espo­nenti politici del Pdl fra la Sicilia, Roma, l’Emilia Romagna e la Lombardia. Un nuovo colpo al pre­mier. Perfetto.

Le notizie non fanno in tempo a entrare in Pro­cura che subito fuggono dai media. Certe garan­zie di privacy valgono solo per le case di Fini. Quando c’è in ballo il Cav le parole del primo delin­quente diventano immediatamente sacrosanta verità. E giù titoloni. Se poi era soltanto fumo non importa:l’effetto sputtanamento è stato ottenuto. È questa la forza del lodo Berlusconi.

Tutti quelli che hanno guai con la giustizia se lo giocano come carta della disperazione. C’è sempre qualcuno pronto ad ascoltarli e a mettere fango nel ventilato­re. Avanti il prossimo. All’ultimo degli spacciatori verrà chiesto: e su Berlusconi? Nulla da dire...?

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