Un'intelligenza "sostenibile"

Un'intelligenza "sostenibile"
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La rivoluzione dell'intelligenza artificiale tocca da vicino le grandi strategie orientate a costruire un'agenda di sviluppo sostenibile sul piano ambientale e non solo negli anni a venire. La forza delle innovazioni portate dalla rivoluzione tecnologica è stata di recente riconosciuta dal G7 a guida italiana. Il recente vertice interministeriale di Verona, presieduto dal titolare delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, ha posto al centro la necessità di governare la rivoluzione dell'IA promuovendo una progressiva democratizzazione della potenza di calcolo, lo sviluppo di modelli di dati aperti e sicuri e il rafforzamento delle capacità per promuovere l'intelligenza artificiale per lo sviluppo sostenibile. Riducendo, dunque, gli impatti e gli spill-over rischiosi dell'applicazione di queste nuove tecnologie. Il primo dei quali è quello più immediatamente pensabile in caso di riflessione sulla sostenibilità: l'impatto delle IA in termini di inquinamento delle strutture che gestiscono la potenza di calcolo, che una ricerca del CNR segnala destinato a crescere, facendo salire dall'8-10 al 15% il peso del settore tecnologico sulle emissioni globali da qua al 2040. Ma non finisce qui. La vera questione di sostenibilità dell'IA, come evidenziato anche dalla presa di posizione del G7, riguarda in particolare il discorso sui fini e i mezzi degli algoritmi di frontiera. Costruendo quel guardrail etico, per usare la fortunata espressione del presidente della Commissione Algoritmi Padre Paolo Benanti, capace di consentire alla marcia degli algoritmi di frontiera di proseguire nella direzione del consolidamento di una via etica, ordinata e inclusiva allo sviluppo tecnologico. Che, nel quadro della corsa agli obiettivi di sostenibilità che riempiono discorsi e programmi, coincide con la valorizzazione di strumenti capaci di integrare il contributo delle tecnologie in un discorso più ampio, che non ragioni unicamente su freddi numeri nel produrre risultati, ma si ponga una via complessa. Coincidente, nella sua forma ottimale, con la promozione dello sviluppo umano nella sua forma integrale, e non antitetica a quello della macchina. L'IA sarà sostenibile se sarà cooperativa con l'uomo, le sue logiche, le sue priorità pragmatiche. E se non finirà, dunque, per addomesticare le logiche di sviluppo della tecnologia. Paolo Benanti, nel suo libro Le macchine sapienti, crede che l'Homo sapiens possa evolvere in (Homo + Machina) Sapiens.

Quel che serve per evitare che il dominio dell'IA diventi di coloro che si arrogano il ruolo di padroni degli algoritmi, precludendone i risultati dallo stimolo a quel che dovrebbe essere uno sviluppo organico. In sostanza, uno scenario che sarebbe il contrario di ciò che serve per introdurre nelle società le rivoluzioni tecnologiche.

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