Dopo avere inventato il primo microprocessore al mondo (l'Intel 4004) e posto le basi del successo straordinario della Sylicon Valley, grazie al silicio e alle sue applicazioni, e dopo avere anche sviluppato i primi touchscreen, il fisico e inventore vicentino Federico Faggin, all'apice di una carriera eccezionale, ha abbandonato la strada di imprenditore per occuparsi della coscienza. Ormai la studia da trentacinque anni. Quello che ha scoperto lo racconta in Oltre l'invisibile (Mondadori, pagg. 306, euro 22).
Federico Faggin, che cosa è «oltre l'invisibile»?
«È ciò che è conoscibile solo attraverso la coscienza. La nostra interiorità è già privata: quello che provo non riesco a trasferirlo agli altri, così come lo provo. Questo aspetto dell'interiorità è comune alla fisica quantistica, perché anche l'informazione quantistica non si può riprodurre: essa rimane privata, conoscibile solo dal sistema che è in quello stato».
Ma dell'interiorità abbiamo esperienza.
«Quello che sentiamo dentro di noi è visibile, ma solo dall'interno; invece, il significato che ricaviamo dalla nostra esperienza è oltre l'invisibile».
Quindi ci sono tre livelli?
«Il visibile è l'informazione classica, condivisibile. L'invisibile è ciò che solo noi possiamo sentire. Oltre l'invisibile è quello che noi stessi non possiamo conoscere, se non quando si manifesta spontaneamente in noi: per esempio, una nuova comprensione».
Come si legano?
«Questo è un libro sull'unione fra scienza e spiritualità. Tra la fisica, che studia la realtà visibile, e la spiritualità, che si occupa del mondo interiore, che è quello che dà significato alla vita».
Che cosa intende?
«Se fossimo macchine senza coscienza, allora non ci sarebbe nessuna esperienza senziente. Nella prospettiva dello scientismo, dove esiste soltanto ciò che è misurabile, la realtà è priva di scopo e di significato. Questa è la conclusione distopica di chi non attribuisce valore di realtà all'invisibile».
Come ha iniziato a studiare la coscienza?
«A un certo punto della mia vita avevo raggiunto tutto quello per cui una persona dovrebbe essere felice, ma non lo ero. In qualche modo ero stato ingannato, e volevo capire perché. In quel momento stavo studiando le reti neurali e il machine learning. E ho deciso che volevo comprendere la coscienza, qualcosa di cui 40 anni fa si parlava poco: al massimo iniziava a occuparsene qualche neuroscienziato...»
Che cosa dicevano?
«Si parlava di segnali elettrici e biochimica del cervello, come se questo fosse l'equivalente della nostra esperienza cosciente. Ma non lo è: esiste questa coscienza, che la scienza non descrive per niente. Ho avuto anche una grande esperienza di coscienza».
Il suo «risveglio»?
«Mi sono reso conto che la coscienza è qualcosa che va ben oltre quello che pensavo: mi sono visto sia come l'osservatore, sia come l'osservato. E questa esperienza mi ha spinto a capire di più: è stato un processo, durato vent'anni, di conoscenza della coscienza e del libero arbitrio, che sono proprietà fondamentali della Natura e che esistono fin dall'inizio dell'universo; ma questa concezione, presente già nei testi filosofici e spirituali antichi, nel mio lavoro è collegata sia all'esperienza interiore, sia a quello che so della fisica quantistica».
Risultato?
«Una teoria che unisce scienza e spiritualità. Per ottenerla mi sono concentrato solo sulla ricerca, in collaborazione con Giacomo Mauro D'Ariano, fisico dell'Università di Pavia, fra i più importanti al mondo nel campo dell'informazione quantistica».
Che cosa dice la teoria?
«Coscienza e libero arbitrio sono fenomeni quantistici. E, su queste basi, ho scritto Irriducibile, nel 2022. In questo nuovo libro però compio un rovesciamento».
Di che si tratta?
«Come tutti i fisici, cercavo di capire la realtà partendo da un modello matematico: abbiamo mostrato come l'informazione quantistica abbia proprietà simili all'esperienza della coscienza e come il collasso della funzione d'onda, che è un evento casuale, imprevedibile e non algoritmico, abbia le caratteristiche del libero arbitrio».
Che legame c'è fra i due?
«Il libero arbitrio esiste solo se esiste la coscienza perché, per averlo, devo sapere quello che voglio. E la teoria finale parte con il postulato - che io chiamo il postulato dell'essere - che coscienza e libero arbitrio siano proprietà dei campi quantistici, proprietà che esistono sin dall'inizio dell'universo. Ciò permette di spiegare perché la fisica quantistica abbia quelle proprietà straordinarie che nessuno era mai riuscito prima a spiegare».
Il postulato come lo afferma?
«In quanto postulato è autoevidente, e questa autoevidenza la sperimentiamo in noi stessi, perché abbiamo l'interiorità: nessuno riesce a spiegarla, viene semplicemente ignorata... Quindi, partendo dall'esistenza della coscienza e del libero arbitrio, si arriva a una realtà che ha queste proprietà quantistiche, che esistono fin dall'inizio».
Che cosa può ottenere la fisica?
«Può calcolare solo le probabilità. In questa teoria, ciò che succederà è determinato dal libero arbitrio dei campi coscienti, che si manifesta nello spazio-tempo in simboli e azioni, che è ciò che si può misurare. I simboli sono fondamentali per condividere e comunicare i significati che abbiamo o sentiamo dentro. Meglio ancora, possiamo comunicare solo una parte di questi significati, cioè i bit, l'informazione condivisibile, ottenuta dai quantum bit, che rappresentano lo stato del campo cosciente».
Che cosa sono i «qualia»?
«Le sensazioni e i sentimenti che proviamo. I quali ci permettono di comprendere il significato di ciò che ci circonda e di chi siamo. La teoria dell'informazione quantistica descrive l'interiorità dell'universo: i qualia. E questo ridà scopo e significato all'universo».
Altrimenti?
«Altrimenti, se ci fermiamo all'informazione senza significato, com'è nella fisica, il mondo e la nostra vita non hanno né significato, né scopo: ebbene, se vogliamo questo universo, avremo l'Intelligenza artificiale che ci comanderà. È fondamentale cambiare idea di chi siamo e non cancellare la nostra interiorità come un epifenomeno: un passo cruciale per connetterci con la nostra natura più profonda, con l'invisibile, che non è dove non c'è niente bensì dove ci sono le cose che contano di più, cioè la conoscenza di sé».
Come si realizza?
«Il potere della coscienza è quello che ci permette di conoscere chi siamo in modo diretto e non attraverso la matematica: è la coscienza che crea la matematica, per spiegare chi siamo».
È il «nuovo Rinascimento»?
«Sì.
Senza questa connessione, scienza e spiritualità rimangono due silos, sue sistemi inconciliabili. Questo modo di pensare porta la spiritualità nella scienza e la scienza nella spiritualità: fertilizza entrambe, in quella che è una nuova strada della conoscenza».
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