Usa e Canada flop l’Europa domina il torneo dei duri

Hockeisti canadesi con troppe stelle (otto vincitori del titolo Nhl) e poco gioco, statunitensi battuti da un finlandese che gioca in Florida e capaci di battere solo i kazaki

Vittorio Gobbi

da Torino

I funamboli e i giocolieri, i mangiatori di fuoco e i domatori di leoni hanno mandato a casa i padroni del circo. Almeno per questo fine settimana, nel quale si assegnano le medaglie del torneo di hockey su ghiaccio ai Giochi Invernali. Il circo di cui parliamo è la National Hockey League, il massimo traguardo raggiungibile per un giocatore, il «campionato più bello del mondo». La Nhl è una lega professionistica, in tutti i sensi - almeno un’ottantina di partite a stagione per squadra, arene luccicanti, stipendi di prima classe - alla quale partecipano squadre di città statunitensi e canadesi infarcite, tuttavia, di numerosi giocatori europei. E saranno questi fuoriclasse del Vecchio Continente, che svernano dall'altra parte dell'Atlantico, i soli protagonisti, oggi a Torino, delle semifinali olimpiche, Repubblica Ceca-Svezia (ore 16.35) e Finlandia-Russia (21.05): sulle piste dei nostri Giochi, più ampie di quelle della Nhl, la lotta per le medaglie ha infatti visto escluse proprio le nazionali del Canada, una terra dove l'hockey è il latte con cui crescono i bambini, e gli Stati Uniti, il Paese in cui hanno sede 24 delle 30 formazioni Nhl. I padroni del circo, appunto.
«Siamo la potenza dell'hockey mondiale», aveva gridato Martin Brodeur, già allora portiere del Canada, dopo la medaglia d'oro vinta dalla Foglia d'Acero quattro anni fa, alle Olimpiadi di Salt Lake City, le seconde aperte ai professionisti, battendo in finale proprio gli Stati Uniti. Difficile dargli torto, allora come oggi, ma intanto oltre Oceano l'eliminazione delle due migliori squadre dei Giochi 2002 ha portato uno dei siti internet americani di informazione sportiva più famosi a domandarsi «come possono gli dei dell'hockey permettere un simile risultato?». Gli dei non rispondono, quindi tocca alle analisi degli esperti. «Troppe stelle, poco gioco di squadra» si dice del Canada che schierava otto giocatori che hanno vinto la Stanley Cup, la corona della Nhl, ma che, nella prima fase, ha perso 2-0 dalla Svizzera di Paul Di Pietro, paisà dell'Ontario diventato elvetico per matrimonio. Mercoledì il Canada, sorpresa negativa certo più degli Usa, meno quotati, si è fatto buttar fuori 2-0 dalla Russia del ventenne marziano Ovechkin, già idolo dei fans dei Washington Capitals. «Squadra discontinua, sarebbe stato meglio scegliere giocatori più freschi e motivati» è invece la critica rivolta agli Stati Uniti di veterani come Chelios (44 anni), capaci di battere solo il Kazakistan e superati 4-3 nei quarti di finale dalla Finlandia, che sta facendo faville, con doppietta di Jokinen, centro dei Florida Panthers.
«Il calendario Nhl è durissimo, vincerà chi è mano stanco» aveva detto proprio Chelios al suo arrivo in Italia. «Non ci siamo mai allenati insieme» faceva eco Brodeur, ma le paure di ieri lasciano spazio oggi al successo di altri: detto di russi e finlandesi, le altre semifinaliste sono la Svezia, che ha spento i sogni della Svizzera con doppietta di Sundin (sotto contratto a Toronto dal '94) e la fin qui deludente Repubblica Ceca, 3-1 nel derby con la Slovacchia grazie a un gol e un assist di Rucinsky (che nella sua carriera Nhl ha indossato la maglia di quattro diverse squadre canadesi).


A queste quattro regine la lotta per l'oro, mentre l'Italia archivia le sue Olimpiadi con due pareggi, contro Svizzera e Germania, e i passaggi televisivi come vetrina che un movimento generalmente isolato ora deve coltivare. Davanti alla tv dovrà sedere persino Wayne Gretzky, il giocatore più forte di sempre, oggi direttore esecutivo del Canada. E che ha detto: «Mi assumo la colpa del nostro fallimento». La sua è una lezione, comunque.

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