Usa, il miliardario morto per non pagare le tasse

Dan Duncan, uno dei cento uomini più ricchi del mondo e da sempre in lotta contro il fisco, ha lasciato 9 miliardi di dollari a figli e nipoti senza però pagare nulla allo Stato. Per merito di una fortunata coincidenza

Usa, il miliardario morto  
per non pagare le tasse

Per uno come Warren Buffett, ottantenne e inaffondabile re della finanza internazionale, meglio noto come l’Oracolo di Omaha, ma soprattutto come secondo uomo più ricco degli Stati Uniti - se ne sta seduto su un patrimonio personale di 38 miliardi di dollari - i mesi che ancora lo separano dalla fine dell’anno continueranno a essere con tutta probabilità quelli dedicati agli scongiuri.

Ai suoi stessi intimi e invisibili sfregamenti, o a più ammissibili incroci di dita, staranno forse ricorrendo anche il banchiere David Rockefeller senior, che di anni ne ha 91, oppure il novantaduenne mogul dei media John Werner Kluge, e comunque tutti quei miliardari statunitensi con un’età ormai statisticamente a rischio.

«Poi sia quel che sia, decida pure il destino!», si staranno dicendo con gli occhi al cielo Buffett e i suoi più o meno coetanei colleghi. Perché la nera Signora è comunque incorruttibile, ma soprattutto perché con il 2011 torneranno a essere cavoli amarissimi per i loro potenziali eredi. Cavoli fiscali, amarissimamente fiscali.

Succede infatti che dal personale punto di vista di figli, nipoti e pronipoti, o quanto meno di quelli di loro più lesti a consolarsi con un cospicuo assegno per la dipartita dell’anziano capofamiglia, il 2010 rimane l’anno ideale per quel definitivo distacco. Fino al prossimo 31 dicembre, infatti, sui megapatrimoni non graverà la supertassa che era stata imposta sui lasciti dei Paperoni yankee.

La gabella, la cui validità scadeva nel 2009, non era stata rinnovata per l’anno in corso a causa di una banale svista del Congresso di Washington. Sì, i parlamentari americani se ne erano proprio dimenticati, come degli onorevoli italiani qualunque. E una volta corsi affannosamente ai ripari, non avevano più fatto in tempo a estenderla all’anno in corso. Di conseguenza se ne riparlerà dal 1° gennaio del 2011.

Gli effetti concreti - e, considerate le cifre in ballo, anche sonanti - si erano visti e misurati a fine marzo, alla morte del settantasettenne miliardario texano Dan Duncan. Lui era un ex ragazzo di campagna, partito con 10mila dollari racimolati in prestito tra parenti e amici e due camion cisterna per il trasporto del propano di fattoria in fattoria. Da lì, come si legge nei libri e si vede nei film, era riuscito a costruire negli anni un impero nel settore degli impianti per la trasformazione e la distribuzione del gas naturale. Se insomma al mondo ci fosse stato da incoronare un re delle pipeline, quello sarebbe stato soltanto Duncan.

Anche per lui, con un patrimonio personale valutato in 9 miliardi di dollari che lo collocava al 74° posto tra gli uomini più ricchi del mondo censiti annualmente dalla rivista Forbes, lo scorso 28 marzo era giunto il tempo dell’unico appuntamento a cui non si può sfuggire.

Ed è così, per un destino scritto sul calendario, che i suoi quattro figli e quattro nipoti eviteranno di versare nella casse dello Zio Sam alcuni miliardi di dollari. Se Duncan fosse morto poco più di tre mesi prima, nel 2009, avrebbero dovuto infatti versare al fisco il 45% in tassa di successione. Percentuale che sarebbe salita al 55% se il magnate del gas avesse ritardato la propria dipartita al 2011. Gli è toccato l’anno a tasse zero, invece. Coincidenza perfetta per uno che per tutta la vita non ha desiderato altro che la sconfitta degli esattori: Duncan da miliardario finanziava solo enti e associazioni che gli permettevano di ottenere agevolazioni fiscali. Portano il suo nome diverse iniziative benefiche rigorosamente tax free: fondazioni, agenzie di protezione dell’ambiente, zoo. Qualunque cosa pur di abbattere quei fastidiosi numeri della dichiarazione dei redditi.
Gli eredi di John D. Rockefeller, scomparso nel 1937, lasciarono nelle casse federali il 70% del suo patrimonio, ha ricordato ieri il New York Times affrontando il tema di una tassa quanto mai odiata negli Stati Uniti. Succede ora che alcuni congressmen, per porre rimedio alla loro distrazione, intendano proporre un «taccone» apparentemente ben peggiore del buco: far passare una legge che copra in modo retroattivo anche il 2010. Legge che sarebbe probabilmente incostituzionale.

Di certo preoccupante, invece, è lo scenario ipotizzato da alcuni analisti

finanziari. Nei casi di miliardari fino a oggi tenuti in vita da una macchina - insinuano - la «finestra» del 2010 a favore degli eredi, potrebbe trasformarsi per loro in una porta. L’ultima, quella finale, mica quella fiscale.

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