«Il solo fatto di essere vivi implica un certo grado di rischio» . La frase, attribuita a un primo ministro inglese degli anni Cinquanta, Harold Mcmillan, può sembrare ovvia, ma non lo è. Perché molti guai nascono proprio dalla naturale predisposizione umana a rimuovere mentalmente il rischio: o attribuendo un grado di certezza ad affermazioni che certe non sono affatto (gli specialisti la chiamano illusione del rischio zero), o assegnando un grado di calcolabilità a dei rischi che, purtroppo, non sono misurabili con il metodo della probabilità. In questo caso si parla di illusione del tacchino: la storia, resa popolare dallo scrittore americano Nassim Taleb, racconta di un tacchino che il primo giorno di vita vede un uomo che apre la sua gabbia e gli dà da mangiare. Il secondo giorno la scena si ripete, e poi così via. Con il succedersi dei giorni, applicando le regole statistiche, le probabilità aumentano, fin quasi alla certezza, che l'uomo continui a dare da mangiare all'animale. E invece un giorno apre sì la gabbia, ma per uccidere il tacchino. Molto semplicemente è arrivato il Giorno del Ringraziamento.
Anche per questo Gerd Gigerenzer, statistico e scienziato cognitivo tedesco, in un libro pubblicato di recente da Raffaello Cortina editore (Imparare a rischiare), parla della necessità di «alfabetizzazione al rischio». In pratica: convivere con l'incertezza si può, a condizione di conoscere qualche regola di base.
La prima distinzione da tenere presente è quella tra rischio assoluto e rischio relativo. Il tema è emerso anche in alcune recenti polemiche a proposito della necessità di vaccinare i bambini. Si sono sentiti alcuni oppositori delle vaccinazioni parlare di aumento del 100% di alcune patologie in caso di iniezione. Dato senza dubbio impressionante. Che però acquista un diverso valore se si parla di numeri assoluti: l'aumento dei casi di malattia da uno a due su un milione riporta il dramma alle sue dimensioni. Specie se lo si confronta con i pericoli che corrono i bimbi non vaccinati.
Un'altra riflessione riguarda la percezione dei rischi influenzata dal gruppo sociale. Gigerenzer paragona l'abitudine di molti popoli europei di cucinare e mangiare in casa i funghi raccolti durante le scampagnate. Gli americani la considerano una trovata al limite del temerario. Per quanto li riguarda, invece, non si fanno problemi a regalare ai figli adolescenti pistole o fucili di precisione.
La distinzione fondamentale da tenere presente è però tra i cosiddetti rischi «terrificanti» (bassa probabilità e intensità dell'evento) e rischi «distribuiti». In pratica, fa molta più impressione un aereo che cade rispetto al quotidiano stillicidio di morti sulle strade. Per il cosiddetto morbo della mucca pazza in 10 anni sono morte in Europa 150 persone. Nello stesso periodo un identico numero di persone è morto per aver bevuto olio da lampada profumato.
Purtroppo i casi (si trattava di bambini, attratti dal colore e dal profumo) si sono succeduti via via nel tempo. Tutta l'attenzione, anche mediatica, è andata così alla mucca pazza. Tanto che Gigerenzer ha elaborato una norma generale: «Più i media parlano di un rischio per la salute, meno pericolo c'è per voi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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