Il vaccino anti-influenzale? Iniziare a 60 anni riduce il rischio di malattie croniche

Gli esperti hanno dunque evidenziato, non solo la necessità di una spinta maggiore alla campagna vaccinale per anziani, fragili e immunodepressi, ma anche proposto l'inclusione dei vaccini potenziati

Il vaccino anti-influenzale? Iniziare a 60 anni riduce il rischio di malattie croniche
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Non solo vaccinarsi di più ma anche meglio, per invecchiare in salute. Un passo in avanti nell'approccio alla vaccinazione antinfluenzale che arriva dai geriatri, in occasione del congresso nazionale della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (Sigg) da poco tenutosi a Firenze.

Una richiesta di cambiamento in linea con quanto già avvenuto in Austria, Germania e Gran Bretagna, alla luce dei dati riportati dall'organismo dell'European centre for disease, prevention and control (Ecdc), che mostrano come in Europa nella stagione 2022/2023 i casi di influenza trattati in terapia intensiva hanno interessato nel 42% individui dai 60 anni in su.

Gli esperti hanno dunque evidenziato, non solo la necessità di una spinta maggiore alla campagna vaccinale per anziani, fragili e immunodepressi, ma anche proposto l'inclusione dei vaccini potenziati, più protettivi di quelli standard, con indicazione chiara e specifica nelle raccomandazioni del ministero, a partire dai 60 anni anzichè dai 65 attualmente previsti in Italia. Una soglia a cui non siamo abituati a pensare, ma particolarmente esposta ai danni dell'influenza.

«I più recenti studi scientifici segnalano che il peso dell'influenza grava in modo significativo anche nella fascia di età 60-64 anni, poichè già a partire dai 50 l'invecchiamento si accompagna a una ridotta funzionalità del sistema immunitario, con una risposta indebolita a molti vaccini, compreso quello antinfluenzale, e a uno stato di aumentata infiammazione, associato all'insorgenza di malattie croniche che espongono questa fascia di età a un maggior rischio di complicanze influenzali nel 62% dei casi», spiega Andrea Ungar, presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria. In altre parole a preoccupare non sono più soltanto i pazienti più anziani, ma anche quelli immediatamente più giovani, fino ad oggi in secondo piano».

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