
Le immagini di San Pietro, in questi giorni, ci riportano al cuore della religione cattolica, alla sua narrazione, alle sue dinamiche, alla sua capacità di influenzare la realtà.
Un ritorno alle origini: un'identità di racconto e di risultato lega la morte di Francesco all'atto di fondazione della fede che egli stesso ha rappresentato da vivo.
Nella morte di Gesù sulla croce, e non nella sua vita, l'umanità ritrova la via della salvezza. Nella morte di Papa Bergoglio, e non nella sua predicazione, il mondo sembra riscoprire la via della tolleranza, del dialogo, del confronto.
È una suggestione, certo, forse amplificata dall'identità di date: Papa Francesco, dopo mesi di malattia, ha scelto le festività pasquali per il suo addio. Vi è un'analogia, fatte le debite proporzioni, tra la vita di Gesù e quella di Papa Francesco: entrambi parlarono a un mondo distratto, talvolta ostile, spesso chiuso nei propri egoismi.
Lo abbiamo studiato tutti, al catechismo o sui libri di scuola: Erode, il grande re dei Giudei, avrebbe voluto uccidere il bambino di Nazareth già alla nascita, intuendone la forza destabilizzante. Gli zeloti, ribelli in armi contro Roma, disprezzavano il suo pacifismo. Caifa, il grande sacerdote, difendeva la propria visione arcaica contro i principi rivoluzionari del nuovo predicatore.
Non lo amavano i mercanti del Tempio, custodi dei primi principi capitalistici. Né era popolare tra i dirigenti dell'Impero romano, turbati dalla predicazione di uguaglianza e fraternità. E alla fine, neppure il popolo lo difese: preferì Barabba.
Eppure, dopo una vita di predicazione ritenuta velleitaria o pericolosa, fu la morte a innescare una rivoluzione politica e sociale che avrebbe cambiato il mondo.
La morte, non la vita.
L'analogia con quanto stiamo vivendo è potente. Quante volte abbiamo visto cadere nel vuoto gli appelli del Santo Padre alla pace, al dialogo, alla tolleranza?
Quante volte abbiamo visto giudicare con fastidio le sue intromissioni nei conflitti politici?
Quante volte le sue critiche ai mercati e il suo richiamo alla povertà sono state liquidate come velleitarie?
Eppure, molte delle posizioni del magistero morale di Bergoglio, proprio come molte delle predicazioni di Gesù, erano inevitabilmente destabilizzanti per l'ordine costituito.
La morte di Francesco ha cambiato lo scenario.
Le immagini lo testimoniano: il sagrato gremito dei grandi del mondo; il colloquio tra Trump e Zelensky nella Basilica, così diverso, per toni e modi, da quello visto nello Studio Ovale.
Non sappiamo se tutto questo porterà frutti. Non tutte le intuizioni del Papa argentino diventeranno regole.
Ma in un mondo fragile e smarrito, la sua scomparsa ha riacceso un momento di speranza una speranza che ora spetta alla politica, non alla fede, tradurre in realtà.
Papa Francesco ha compiuto la sua parte, come la croce sul Golgota.
Il dogma della resurrezione del mondo ha funzionato. Per passare dalla speranza alla realtà, ora, come sempre, serve l'opera dell' uomo.
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