Pubblichiamo un estratto del libro Nient' altro che la verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI (Piemme), scritto da monsignor Georg Gänswein, segretario particolare di Ratzinger.
Questo aspetto della contrapposizione fra il regnante Francesco e l'emerito Benedetto ha sempre rattristato Ratzinger. Anche a Francesco venne posta direttamente una domanda e lui efficacemente rispose: «Ho sentito che alcuni sono andati lì a lamentarsi perché "questo nuovo Papa...", e lui li ha cacciati via». Posso personalmente confermare che è stato così. (...)La speranza di Benedetto che io sarei stato l'anello di collegamento fra lui e il successore fu un po' troppo ingenua, poiché, già dopo qualche mese, ho avuto l'impressione che tra me e il nuovo Pontefice non si riuscisse a creare un opportuno clima di affidamento. (...) Ricordo, per esempio, la visita del 15 giugno 2014 alla Comunità di Sant' Egidio: il giorno precedente il Pontefice mi disse che non era necessaria la mia presenza, ribadendolo con decisione dinanzi alle mie osservazioni stupite. Il giorno seguente ovviamente mi telefonò il fondatore Andrea Riccardi per chiedermi se io o Benedetto avessimo qualche problema con Sant' Egidio, poiché era stata notata la mia assenza. Riferii a Papa Francesco il contenuto di questa telefonata e gli spiegai che tutto ciò sminuiva la mia autorità, e che per di più a livello personale mi ero sentito umiliato. Lui mi rispose che avevo ragione, si scusò, ma poi aggiunse che le umiliazioni fanno molto bene... E purtroppo una simile situazione si ripeté altre volte. (...) A fine gennaio 2020, sempre per restare nel paragone letterario, mi ritrovai infatti a essere un «prefetto dimezzato». Dopo quei torridi giorni di polemiche attorno al libro del cardinale Sarah, chiesi a Papa Francesco di potergli parlare. Gli chiesi consiglio su come agire in futuro. Lui mi guar dò con espressione seria e disse a sorpresa: «D'ora in poi rimanga a casa. Accompagni Benedetto, che ha bisogno di lei, e faccia scudo». Restai scioccato e senza parole.
Quando provai a replicare, chiuse seccamente il discorso: «Lei rimane prefetto, ma da domani non torni al lavoro». In modo dimesso replicai: «Non riesco a capirlo, non lo accetto umanamente, ma mi adeguo soltanto in obbedienza». E lui di rimando: «La mia esperienza personale è che "accettare in obbedienza" è una cosa buona». Tornai al Monastero e lo raccontai a Benedetto, il quale commentò in modo ironico: «Sembra che Papa Francesco non si fidi più di me e desideri che lei mi faccia da custode!». (...) Come avevo preventivato, dopo alcuni giorni di assenza pubblica cominciai a ricevere mail e messaggi. Sabato 25 gennaio scrissi un biglietto a Papa Francesco. Il 1° febbraio mi rispose per iscritto: «Per il momento credo che è meglio mantenere lo status quo». Il 5 febbraio l'effimera cappa di silenzio venne infranta da un articolo del vaticanista Guido Horst sul Tagespost, che rappresentò l'innesco dell'incendio. Nel pomeriggio del 6 febbraio, i giornalisti ricevettero un comunicato stampa nel quale si diceva che «l'assenza di monsignor Gänswein è dovuta a una ordinaria ridistribuzione dei vari impegni e funzioni del prefetto della Casa Pontificia». Benedetto restò dispiaciuto e nella lettera del 13 febbraio a Papa Francesco, aggiunse un paragrafo finale che mi riguardava: «Monsignor Gänswein soffre profondamente e in modo crescente sotto il peso del suo stato fuori senza prospettive di soluzione. Oso perciò pregare Vostra Santità di chiarire la situazione con un colloquio paterno.
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