Vecchioni batte cassa: per la sua cultura chic vuole 220mila euro

Il cantautore milanese chiede un super compenso per presiedere il Forum. E i cittadini stufi degli sprechi infilzano De Magistris: stracci il contratto

Vecchioni batte cassa:  per la sua cultura chic vuole 220mila euro

Luci a San Siro, ombre al San Paolo. Roberto Vecchioni stecca proprio nella capitale della melodia: da qualche giorno sta montando la polemica sul ricco compenso che il professore-cantautore si è fatto dare per presiedere a Napoli il Forum delle Culture. Prenderà 220mila euro, tre volte di più di quel che prendeva il suo predecessore, un esponente del Pd liquidato in tutta fretta per far spazio alla nouvelle vague intellettual-canzonara. «L’ho fatto per amore», ha risposto lui. Si capisce. L’ha fatto per amore. E meno male: se lo faceva per soldi, toccava vendere il Vesuvio per pagarlo.

A Vecchioni del resto l’amore piace molto. Anche la sua ultima canzone di successo, la ricorderete, s’intitolava: Chiamami ancora amore. Avvertenze per l’uso: chiamatelo ancora amore, ma, nel caso, prima ricordatevi di fare il bancomat. Che ci volete fare? Essere à la page costa. E il prof cantautore è il non plus ultra della neo chiccheria radical: cantautore vintage eppur moderno, con i piedi negli anni Settanta ma con una riverniciatura fresca di antiberlusconismo, uomo immagine del Sanremo anti-frivolezza, punta di diamante della Milano che piuttosto che essere Milano da bere muore di sete, simbolo del risveglio delle coscienze e delle adunate arancioni in piazza Duomo, Vecchioni è pure insegnante e un po’ filosofo, poi veste secondo cliché post-sessantottardi, ha una moglie girotondina ed è pure interista come Michele Serra, Gad Lerner, Gino&Michele e tutta la sinistra ambrosian-morattiana che indossa la rivoluzione popolare come se fosse una bella sciarpa di cachemire. Voi capite: tutto ciò ha un prezzo. Chiamalo ancora, se vuoi, amore.

Dal Bandolero stanco al Bandolero esoso, del resto, che differenza fa? Oltre ai 220mila per Vecchioni, il Comune di Napoli dovrà versarne altri 90-95mila per il direttore generale, più gettoni di 30mila euro per tutti i membri del consiglio d’amministrazione. «Il compenso è adeguato», ha commentato il sindaco De Magistris, senza però precisare: adeguato a cosa? Alla soddisfazione economica del cantautore? Al travaso di bile dei contribuenti?

Il capoluogo campano, si sa, è affetto da mali storici: non ci sono soldi per i servizi essenziali, la monnezza si accumula nei quartieri, le strade sono piene di buche. Eppure si trovano come ridere centinaia di migliaia di euro per il Forum delle culture presieduto da Vecchioni. Lui lo fa per amore, si capisce. Ma, ecco, se questo è il risultato: non si potrebbe fare con un po’ di amore in meno? Diciamo, per esempio, un centomila euro di amore in sconto?

Sui blog molti chiedono al sindaco De Magistris il primo vero gesto di rottura del suo mandato: la rottura del contratto con Vecchioni. Ma lui, il Bandolero ricco, come potrebbe rinunciare a simili prove d’amore?

Dopo anni passati nel dimenticatoio, dopo periodi bui in cui i suoi dischi passavano sulle radio meno del coro alpino della Valgranda e l’unica trasmissione tv in cui l’invitavano era la televendita dei tappeti, all’improvviso si ritrova uomo simbolo della riscossa giovanil-nazionale. Che volete che faccia? Chiamalo ancora amore. Di più: praticamente un tassametro dell’amore. Ogni volta che muove l’ugola, si sente il tintinnar delle monete. Com’è che faceva il ritornello? «Questa maledetta notte dovrà pur finire, la riempiremo noi di musica e parole». Ecco, appunto: di musica, di parole e ingaggi d’amore sonante.

Povero Vecchioni: tutta la vita a cercare Samarcanda, e finalmente l’ha trovata. Anche se più che Samarcanda sembra l’America de noantri: 220mila euro per presiedere un Forum non è male come segno di rinnovamento morale nell’amministrazione delle cosa pubblica, no? Que viva De Magistris, que viva il bandolero Vecchioni. In una delle sua prime canzoni celebri, Luci a San Siro, a un certo punto il cantautore diceva «Milano mia, facciamo un cambio, prenditi pure quel po’ di soldi, quel po’ di celebrità ma ridammi indietro i miei vent’anni, la mia Seicento e la ragazza che tu sai». Poi però aggiungeva: «Milano scusa, stavo scherzando». Adesso capite? Lui scherza. Scherza sempre. Meno che quando firma i contratti. È un burlone fino alla soglia dello sportello della banca.

Comunque il messaggio è sempre stato chiaro: rivoluzione o no, Sessantotto rosso o rivoluzione arancione, figurati se lui rinuncia «a quel po’ di soldi e quel po’ di celebrità».
Non lo faceva sotto le luci di San Siro allora, non lo fa sotto i riflettori di Napoli oggi. Appena era stato chiamato al Forum delle culture, per dire, aveva promesso un «evento low cost».

E aveva assicurato: «Le star parteciperanno per passione e non per un ritorno economico». Poi si è fatto dare 220mila euro. Napoli scusa, stava scherzando. Domani, se credi, chiamalo ancora amore. Sempre ammesso che ti bastino i soldi...

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