Veltroni rincorre Di Pietro sul Lodo e attacca Fini: «Sarà ostruzionismo»

Toni senza precedenti contro il presidente della Camera. Presentati 200 emendamenti per rallentare il dibattito

da Roma

Governo e maggioranza impongono tempi accelerati per il Lodo Alfano e assicurano che la blocca processi sarà modificata secondo i rilievi dell’opposizione, come dicono il Guardasigilli e il ministro Elio Vito. Ma al Pd non basta, vuole il ritiro tout court delle norme, e annuncia ostruzionismo contro i tempi contingentati, presentando 200 emendamenti. Dopo l’iniziale disponibilità, il partito di Walter Veltroni si uniforma, dunque, ai toni da battaglia di Antonio Di Pietro e attacca duramente il presidente della Camera, Gianfranco Fini.
Ieri pomeriggio nelle commissioni riunite Giustizia e Affari costituzionali è scaduto il termine per gli emendamenti (sono 304, di cui 4 della Lega) allo scudo processuale per le 4 alte cariche dello Stato. Oggi si voterà e alle 17 il Lodo arriverà in aula che domani dovrebbe approvarlo. Subito dopo il disegno di legge passerà al Senato, con l’obiettivo di vararlo prima della chiusura dei lavori del parlamento, l’8 agosto. Intanto, sempre in commissione alla Camera, le norme blocca processi sono state stralciate dal decreto sicurezza e, in caso di modifica, dovranno tornare a Palazzo Madama, per la conversione in legge entro il 23 luglio.
Il Pd, anche se tra divisioni interne e ripensamenti, non ci sta. «Il governo - dice Veltroni - non ritira l’emendamento blocca processi e vuole espropriare le funzioni proprie del Parlamento. E il presidente della Camera Fini, al posto di opporvisi, avalla e favorisce». Antonello Soro parla di «rivoluzione delle procedure parlamentari che non ha precedenti nella storia repubblicana». E in aula Dario Franceschini attacca Fini, attribuendogli anche un «interesse personale» al Lodo: «Lei accetta di essere strumento politico delle paure del premier. Lei offende la presidenza della Camera».
Il numero uno di Montecitorio respinge le accuse, ricorda che «il regolamento attribuisce al governo la facoltà di chiedere la modifica del calendario» e che si è comportato «esattamente» come hanno fatto, altre volte, i suoi predecessori Pierferdinando Casini e Luciano Violante. Ma Fini offre anche «un ampliamento dei tempi del dibattito». Se serviranno 1 o 2 giorni in più si dice «disponibile a lavorare anche il fine settimana, anche la domenica».
Evocato da Fini, il leader dell’Udc conferma che «la decisione assunta dalla presidenza della Camera è impeccabile ed è in continuità» con i precedenti. Casini lo dice nell’aula di Montecitorio, contrastando la tesi sostenuta dal centrosinistra. Ma Rocco Buttiglione chiede al Pdl di ritirare la blocca processi.
Poco prima, in commissione, il Pd ha abbandonato la seduta, anche se alcuni, come Barbara Pollastrini, sono rimasti. L’Italia dei valori invece ha deciso che, come dice Di Pietro da ultimo giapponese, «quando c’è emergenza democratica si presidia il fronte». Poi, però, il capogruppo Pd Antonello Soro ha corretto il tiro: «Siamo presenti in commissione, ma abbiamo rifiutato di assecondare il calendario che prevede poche ore per discutere il Lodo». E Roberto Giachetti inizia uno sciopero della sete, per chiedere a Fini il rispetto delle prerogative del parlamento.


Nel Pdl, Gaetano Quagliariello parla di ritiro della blocca processi e Angelino Alfano di riformulazione. Mentre Franco Marini del Pd, a titolo personale, non vede lo scandalo in una trattativa, ma dice che solo il ritiro della norma della discordia creerà «un clima diverso».

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