Alla fine della lunga conferenza stampa di presentazione in streaming dell'edizione numero 81 della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica della Biennale di Venezia (in programma al Lido dal 28 agosto al 7 settembre), a telecamere spente si è sentito il suo direttore Alberto Barbera pronunciare ironicamente queste due parole: «Troppi film?». Chissà a chi si rivolgeva, in realtà si tratta di un solo film in più sono 83 rispetto allo scorso anno, anche se il direttore più longevo del più antico festival del mondo ci ha tenuto a mettere in guardia tutti sulle durate monstre dei film. Si viaggia infatti tranquillamente dai 140 ai 245 minuti del filippino Lav Diaz, «un cortometraggio per i suoi standard» scherza Barbera per tacere delle serie cinematografiche (guai a chiamarle televisive quali invero sono) con i 343 minuti di Disclaimer di Alfonso Cuarón con Cate Blanchett, i 448 di Los años nuevos del prolifico regista spagnolo Rodrigo Sorogoyen. Ma ci sono anche i 345 minuti di Families Like Ours di Thomas Vinterberg e i 412 di M - Il figlio del secolo di Joe Wright con Luca Marinelli nei panni del Duce dal romanzo di Scurati.
Si arriva a questi anni con l'atteso intervento del nuovo presidente della Biennale, Pietrangelo Buttafuoco, seducente affabulatore che ha ricordato le parole usate da Francesco Pasinetti nel 1932, l'anno della creazione della Mostra, quando «voleva qualificare come arte i prodotti del cinema, vera e propria industria». Con uno sguardo al passato, come per il bel manifesto di Mattotti che immagina un elefante in Laguna, e uno al futuro, il neopresidente ha citato anche Longhi, Sgalambro, Sciascia e Ramperti per affermare la «responsabilità civile, politica e poetica della bellezza».
Questo andirivieni temporale, con film e documentari che raccontano anche di grandi italiani come Leopardi. Il poeta dell'infinito di Sergio Rubini diviso in due parti per un totale di 245 minuti oppure Carlo Mazzacurati - Una certa idea di cinema di Enzo Monteleone e Mario Canale a dieci anni dalla scomparsa del grande regista padovano oppure ancora Volontè - L'uomo dai mille volti di Francesco Zippel sul grande attore milanese, e il futuro con scommesse visionarie come Baby Invasion in cui Harmony Korine gioca con i videogames per tacere di tutta la sezione dedicata alla realtà virtuale, segna la visione del cinema del direttore Barbera, capace di sorprendere anche nel concorso con 21 titoli mai scontati.
Cinque di questi sono italiani (uno in meno dello scorso anno) con Gianni Amelio che torna in concorso con Campo di battaglia, due ufficiali medici sul finire della Prima guerra mondiale interpretati da Alessandro Borghi e Gabriel Montesi e fa la staffetta con Maura Delpero regista di Vermiglio, con Tommaso Ragno, che racconta dell'ultimo anno della Seconda guerra mondiale in una grande famiglia contadina. Per la prima volta a Venezia troviamo invece la premiata coppia di registi siciliani, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, che con Iddu si immaginano che i Servizi segreti italiani, a cavallo del nuovo millennio, chiedano aiuto a un politico in disgrazia, interpretato da Toni Servillo, per catturare il suo figlioccio Matteo (Elio Germano), ultimo grande latitante di mafia in circolazione ispirato a Matteo Messina Denaro. Gli altri due film, Queer di Luca Guadagnino, che probabilmente stupirà per la sessualità esplicita dall'omonimo libro di William S. Burroughs con Daniel Craig, e Diva Futura di Giulia Louise Steigerwalt sulla famosa prima agenzia porno fondata da Riccardo Schicchi interpretato da Pietro Castellitto, danno conto di uno dei fil rouge di Venezia 81 con «un ritorno dell'erotismo dopo anni di perbenismo assicura il direttore con la rappresentazione della sessualità in tutte le sue forme, dall'immaginario erotico omosessuale di Queer alla fluidità di genere, al sadomasochismo». Chissà...
Intanto già sappiamo che Tim Burton aprirà le danze con Beetlejuice Beetlejuice in cui recita anche la sua compagna Monica Bellucci insieme a Michael Keaton e Winona Ryder, mentre la novità è il film di chiusura, L'orto americano di Pupi Avati che torna al suo genere prediletto, il gotico.
Ma il cinema italiano è presente in maniera trasversale e racconta anche fatti dolorosi e autobiografici come Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini sul suo rapporto con il padre Luigi, uno dei grandi del nostro cinema, mentre il prolifico Marco Bellocchio arriva con il cortometraggio Se posso permettermi. Capitolo II.
Naturalmente non mancheranno le grandi star americane a calcare il tappeto rosso con Angelina Jolie che è la Callas in Maria di Pablo Larraín, Joaquin Phoenix e Lady Gaga per il ritorno di Joker: Folie à Deux di Todd Phillips, Brad Pitt e George Clooney per Wolfs di Jon Watts, Nicole Kidman e Antonio Banderas per Babygirl di Halina Reijn, Tilda Swinton, Julianne Moore e John Turturro per il primo lungo in inglese di Pedro Almodóvar The Room Next Door.
Alla fine ci viene
presentato il conto: 17,5 milioni è il costo della Mostra che arriva a 23 con l'organico stabile. Di questi, 13 milioni e mezzo vengono dal ministero della Cultura e infatti tutti ringraziano il suo Ministro Gennaro Sangiuliano.
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