La verità sul fisco: il Nord paga le tasse il Mezzogiorno no

Detta in sintesi, magari un po’ rozzamente, come può fare del resto un giornalista: il Centro e Sud Italia evadono molto di più del Nord. Detta e spiegata con il linguaggio dello studioso, la verità suona invece così: «Il differenziale di evasione è uno degli squilibri territoriali fondamentali. Ci sono territori che pagano quasi interamente le tasse che lo Stato pretende, ci sono territori che, viceversa, riescono a sostenere il proprio reddito semplicemente concedendosi tassi di evasione molto alti».
Parola del professor Luca Ricolfi, sociologo, docente di Analisi dei dati all’Università di Torino, editorialista della Stampa, ma soprattutto spirito libero e proprio per questo studioso risultato spesso scomodo a molti. Anche agli occhi di una sinistra che, suo malgrado, non è mai riuscita a mettergli indosso la propria, di casacca.
Quel «differenziale» appena citato e sul quale si sofferma approfonditamente e con dovizia di dati il professor Ricolfi in uno dei capitoli nodali del suo ultimo libro, intitolato Il sacco del Nord (Guerini e Associati, 271 pagine, 23,50 euro), si può tranquillamente trasferire, con l’oggettività dei numeri, su una sorta di immaginaria lavagna. Lì dove la mano di un Grande Contabile ha tracciato una doppia lista dei buoni e dei cattivi. Due finche, proprio come facevano i maestri di una volta. Da un lato le Regioni italiane più fiscalmente virtuose e dall’altro il loro esatto contrario: le più viziose.
Con molte sorprese. Interessanti sorprese. Spesso sbalorditive sorprese. Avete per esempio ancora negli occhi certe facili e spesso superficiali caricature di un avido Nord Italia, sfacciatamente e proditoriamente evasore, così come è stato sempre dipinto da tante trasmissioni «democratiche» della tv di Stato? O forse avete ancora nelle orecchie gli sberleffi, gli sfottò e le sarcastiche condanne sommarie rivolte dalle troupe e dai commentatori santoriani nei confronti di quel ricco, egoista e perché no anche razzista di un Nordest?
Beh, dimenticatevi delle une come delle altre. Per farlo, per togliervi ogni dubbio e soprattutto ogni residua fetta di prosciutto che vi fosse rimasta davanti agli occhi (certo non per colpa vostra), andate per esempio a pagina 108 del libro di Ricolfi, in quel capitolo intitolato «Resistenza fiscale e Italia sommersa». Se ancora non avete il libro, il risultato ve lo anticipiamo noi. La tabella (la numero 5.3) che vi compare e che cita come fonte la “Contabilità nazionale liberale” (uno schema di analisi che riprende la distinzione classica tra settore produttivo e settore improduttivo dell’economia), stila infatti la graduatoria delle Regioni italiane (per l’anno fiscale 2006) in base alla loro rispettiva tendenza a evadere il fisco.
Dicevamo appunto di tante e sbalorditive sorprese. L’elenco delle Regioni virtuose, ovvero di quelle meno dedite all’evasione, è guidato infatti dalla Lombardia con un 12,5%, seguita dall’Emilia Romagna con il 19% e da un Veneto dove l’evasione si assesta invece a un comunque apprezzabile 19,6%. Chiudono lo sparuto manipolo, nell’ordine, il Friuli Venezia Giulia (24,7%), il Lazio (virtuosa rara avis del Centro Italia, con il 25%), il Piemonte (26,1%) e il Trentino-Alto Adige (26,2%).
Nel girone delle viziose, aperto dal 27,6% della Toscana e chiuso dall’incredibile 85,3% della Calabria, brulicano tutte le altre. È un’allegra e folta brigata di terre d’evasione, la loro. Sono quasi tutte Regioni del Centro e del Sud, con le percentuali di quel «vizietto» che si impennano in misura inversamente proporzionale, a mano a mano che si scende geograficamente verso il tacco. Per dire: Basilicata 48,4%, Molise 50,9%, Sardegna 51,3%, Puglia 52%, Campania 55,3% e la Sicilia che con il suo 63,4% viene scalzata dalla Calabria con il già menzionato record negativo assoluto. A far loro compagnia spiccano però anche due regioni del Nord, la Val d’Aosta con il 27,6% e una Liguria dal braccino del resto proverbialmente corto, con un rilevante 42,3% di predisposizione a evadere.
Il cui contrario viene battezzato da Ricolfi «resistenza fiscale». Resistenza fiscale che mentre al Nord, scrive il professore, «non raggiunge il 16%, nel Sud sfiora il 36%. In barba ai proclami leghisti la Regione del Paese con la resistenza fiscale più bassa è la Lombardia (11,1%), mentre le Regioni con la resistenza fiscale più alta sono quelle di mafia (38,4%), con una punta del 46% in Calabria». Come dire, esemplifica il professore, che se anche è vero che il cittadino medio lombardo sbraita e protesta gridando al furto di Stato, alla fine però mette mano al libretto degli assegni e versa nelle casse pubbliche l’89% del dovuto. Questo, aggiunge Ricolfi, mentre «un cittadino calabrese non protesta ma versa solo il 54% del dovuto».
Questo, però, non è ancora tutto. L’esistenza poco sopra dimostrata di forti squilibri territoriali nella cosiddetta tax compliance, ovvero nella fedeltà fiscale, rischia di far passare inosservato un altro fenomeno. Che di quella tendenza a evadere non è altro che il figlio naturale. Il fatto che il tasso di evasione vari così marcatamente da zona a zona del Paese, scrive l’autore, «implica un complicato e invisibile trasferimento di risorse che fa sì che alcune Regioni siano in qualche modo creditrici perché versano “troppo” allo Stato e altre siano debitrici perché versano “troppo poco”».
Calcolando di conseguenza per ogni Regione quale sarebbe il suo gettito se tutte avessero la medesima propensione a evadere tasse e contributi, i risultati, scrive Ricolfi, «sono impressionanti». Infatti, «solo sette Regioni, tutte del Centro Nord, pagano più tasse del dovuto». E sono Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Friuli VG, Lazio, Piemonte e Trentino Alto Adige.

Le altre tredici perlopiù centro-meridionali, comprese però le due «infiltrate» nordiste di cui sopra (Val d’Aosta e Liguria) e tre Regioni rosse (Toscana, Marche e Umbria) sempre storicamente vissute e spacciate dalla maggioranza dei media come adamantini esempi di moralità e di preclara virtù, pagano meno tasse di quanto dovrebbero.

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