La bottiglia di Barolo si inclina verso il calice: il nettare scivola dolcemente sul vetro, poi si adagia. È di un rosso rubino con riflessi brillanti. Simone Allario Piazzo e suo padre Franco ripetono il gesto, capace di sprigionare un profumo intenso, con sentori floreali e note fruttate. Sorridono. In quel vino infatti c'è la storia della loro famiglia, oltre a quella di un territorio ricco di meraviglie enogastronomiche. Siamo nel cuore delle Langhe, a poche chilometri da Alba (Cuneo), tra le colline che l'autunno piemontese ha trasformato in un quadro impressionista. La forza del Made in Italy passa anche da qui; dalla dedizione certosina di intere generazioni di vignaioli e da uno spirito imprenditoriale rispettoso della natura.
Barbaresco e Barolo, i vini della Langhe
Il nostro viaggio alla scoperta di questo tesoro nostrano (raggiungibile in un'ora e mezza di auto da Torino) inizia proprio dai vigneti. Dalla terra e dai suoi frutti, ma anche dall'impegno umano che rende certi prodotti unici nel mondo. Simone e papà Franco incarnano questo mix di passione e di lavoro. Assieme al fratello Marco e alla mamma Marina sono il presente e il futuro della casa vinicola Piazzo, fondata oltre cinquant'anni fa dai nonni Armando e Gemma ed estesa oggi per 70 ettari tra Langhe e Roero. In quel fazzoletto di terra, la loro azienda coltiva le uve destinate a essere trasformate nei migliori vini del territorio. Barbaresco e Barolo in primis. "Lavoriamo dodici mesi l'anno, anche in inverno quando la terra sembra dormire. Qui tutti fanno così, perché ogni stagione ha le sue specificità", ci raccontano.
Export, la forza del vino Made in Italy
Poi, mentre passeggiamo tra i filari, è Simone - 32 anni, l'ultimo erede alla guida commerciale della casa vinicola - a raccontarci i segreti che rendono quei vini così speciali. "Qui in bassa Langa il terreno ha una base d'argilla che rappresenta una preziosa riserva idrica e conferisce struttura al tannino. Nell'albese il suolo ha anche una parte di sabbia che dà al vino note più delicate. Questo mix di elementi offre un bilanciamento al prodotto finale", spiega l'imprenditore mentre ci fa strada tra le viti e ci racconta del successo che i nostri vini continuano a riscuotere all'estero. Delle 300mila bottiglie prodotte ogni anno solo da uve di proprietà, l'azienda ne destina infatti il 95% all'estero e solo il 5% al mercato nazionale (percentuale che negli auspici potrebbe raddoppiare). Ecco l'effetto Made in Italy spiegato facile, con buona pace dei "nutriscore" e dei diktat standardizzati che rischierebbero di dare una mazzata alla cultura del buon bere.
Vini piemontesi, il successo nei mercati esteri
"Gli Stati Uniti sono un mercato imporante, sia perché hanno una conoscenza del vino ormai elevata sia per il loro potere di spesa. In Europa riscuotiamo l'interesse dei danesi sui vini italiani e piemontesi come i Barbareschi e i Baroli, anche su fasce di prezzo alte. Da oltre dieci anni abbiamo contatti con il mercato asiatico e in particolare con quello cinese, che non è facile da conquistare ma che promette bene per il futuro. Ci vogliono lungimiranza e investimenti coraggiosi", ci racconta l'imprenditore, lasciando intendere che il segreto del successo tricolore all'estero è proprio quello di non fare deroghe alla qualità e alle caratteristiche organolettiche dei prodotti.
Il futuro "green"
Sul fronte della materia prima, l'azienda albese ha aderito poi al protocollo "Green Experience" proprio per tutelare la sostenibilità della vigna e della cantina. Tra le iniziative "ecosostenibili" adottate, anche quella di inserire, accanto a un nuovo vigneto recentemente impiantato, dei filari di arbusti, di erbe aromatiche e di piante da frutto in grado di ricreare un ecosistema più equilibrato. Un esperimento che - ha però tenuto a precisare il giovane vignaiolo nostro cicerone - non ha nulla a che fare con l'ambientalismo di facciata della nuova retorica verde. "Questa rincorsa all'etichetta e al biologico a tutti i costi non fa bene, perché non si può standardizzare la cura dell'ambiente: ogni territorio ha carratteristiche proprie che vanno rispettate. Non sempre tutto ciò che viene bollato come 'green' è davvero verde...".
Ma tra le colline autunnali delle Langhe e del Roero il visitatore si sente per fortuna lontano dai paradossi della cappa ambientalista. E le polemiche pretestuose sul sovranità alimentare? Lontane anch'esse, lontanissime. Pure lo smartphone, che ogni tanto non si aggancia al WiFi, suggerisce al turista una pausa dai vorticosi ritmi della quotidianità.
I deliziosi tajarin cucinati per pranzo da nonna Gemma - 87 anni - hanno il gusto poetico della tradizione e raccontano di un territorio che non a caso è patrimonio mondiale dell'Unesco. Simone e papà Franco stappano le loro bottiglie (presso la loro cantina, ad Alba, è possibile partecipare a delle degustazioni). Nei calici non c'è solo vino, ma una lunga storia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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