
Al suo primo giorno di lavoro, il nuovo Censore è deluso. Il Ministero della Censura del Nuovo Mondo è un cubo grigio con le finestre troppo ravvicinate, i suoi colleghi - altri sette Censori - sono diffidenti e, soprattutto, lui avrebbe preferito diventare Ispettore. Perché l'Ispettore, senza nemmeno fare lo sforzo di leggere, si limita a entrare in libreria e a sequestrare le opere vietate, prendendosi, diciamo così, tutto il merito. Oltre a ciò, fra i corridoi del Ministero girano indisturbate frotte di conigli bianchi, impossibili da catturare.
Il tempo però di sedersi alla sua scrivania e di immergersi in un volume, e il nuovo Censore si acclimata all'atmosfera: merito anche del Primo Censore, che lo indottrina sulle regole da seguire. Una su tutte: «In qualunque momento, dobbiamo rimanere sulla superficie della lingua. La superficie! Attenzione a non immergersi nel significato. Sapete cosa succede a quelli che affondano nel significato? Una smania eterna li strangola e li rende incapaci di vivere». Un Censore è un Guardiano della Superficie e, grazie al Manuale di lettura corretta, difficilmente può sbagliare: ogni parola ha un solo significato, quello approvato dal Ministero della Censura; le parole vanno considerate in totale isolamento, evitando tutte le idee e le interpretazioni; alle parole «Dio, governo e sesso» bisogna subito allarmarsi; certi argomenti, come filosofia, ermeneutica, semiotica e politica vanno vietati, così come i libri che contraddicono la logica, per esempio quelli in cui gli animali parlano o i tappeti volano... Gli unici principi e fatti che i libri possano diffondere sono, ovviamente, quelli approvati dal Governo.
Facile immaginare come, nel Nuovo Mondo, Dostoevskij, Kafka, Mary Shelley, Lewis Carroll, Collodi e decine e decine di altri autori siano proibiti. E, se vi suona un po' esagerato, è il caso di ricordare il lavoro di sforbiciamento portato a livelli parossistici nella Ddr, che Robert Darnton ha ricostruito nel suo I censori all'opera (Adelphi, 2017), o che nella Cecoslovacchia comunista perfino Tolkien fosse finito all'indice, perché nel Signore degli anelli apparivano le parole «Est» e «Ovest». O che Salman Rushdie è stato quasi ucciso da un uomo nell'estate di tre anni fa, in obbedienza alla fatwa che nel 1989 l'ayatollah Khomeini pronunciò contro di lui a causa di un romanzo, I versi satanici.
Ma, come accade dai tempi di Eva e Adamo, quando qualcosa è proibito, esercita subito una attrazione irresistibile per gli umani... E così il nuovo Censore si innamora dei libri: comincia con Zorba il greco, il romanzo di Nikos Kazantzakis, che racconta di un uomo dalle mille vite e dalle mille donne, una forza della natura che disprezza le parole scritte e studiate eppure ne è affascinato (come, nella realtà, Kazantzakis era soggiogato dal vitalismo di Zorba ma Zorba era attratto dalla cultura dello scrittore) e non smette più. E così, romanzo dopo romanzo, si costruisce La biblioteca del Censore di libri (Astoria, pagg. 310, euro 19) della kuwaitiana Bothayna Al-Essa. Oltre che scrittrice, Al-Essa è editrice e libraia e, soprattutto, ha combattuto per anni per l'abolizione della censura in Kuwait (un traguardo ottenuto nel 2020). Insomma sa di che cosa parla, quando dice che il Nuovo Mondo è «un luogo che sarebbe inutile nominare, poiché assomiglia a qualunque altro luogo», o quando racconta di come il Sistema cerchi di curare i bambini che «soffrono di immaginazione», la peggiore delle malattie, un lascito fastidioso del Vecchio Mondo da eliminare a costo di atroci violenze. O quando il Capo Dipartimento spiega che «un Censore di Libri non dovrebbe mai inoltrarsi nell'interpretazione» perché «le autorità sono responsabili dell'interpretazione». L'interpretazione è peggio di un crimine: è un potere e, in quanto tale, è una competenza esclusiva del Potere stesso.
Che cosa succeda al nuovo Censore una volta catturato dai libri che dovrebbe vietare tocca al lettore scoprirlo: basti dire che diventerà sempre più appassionato, che ha una figlia che soffre del male assoluto, l'immaginazione, e che si troverà alle prese con dei libri da salvare dalla grande Pira organizzata per il Giorno della Purificazione. E se, sentendo nominare i conigli bianchi avete pensato ad Alice nel Paese delle meraviglie, siete sulla strada giusta. Mentre il confine fra realtà e immaginazione si assottiglia fino a confondersi, come se i romanzi si prendessero la rivincita su quel Potere che li vorrebbe cancellare, il Sistema mostra tutta la propria disumanità e la necessità di un controllo assoluto sul linguaggio e sulla narrazione, perché «chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato». «Il Grande fratello» di Orwell è, infatti, «la madre di tutti i libri proibiti» e qui siamo alle prese con il modus operandi di ogni dittatura: laddove la storia viene riscritta a uso e consumo del sistema, il romanzo e la poesia diventano pericolosi al di là del contenuto, perché raccontare è già un atto di ribellione, l'affermazione di un potere del singolo, la capacità di creare al di fuori di ciò che il Potere ha stabilito.
Il romanzo di Al-Essa è ambientato «in un periodo futuro», ma solo per ironia: la censura è all'opera ancora oggi in molti Paesi, e non è esclusiva di quelli in guerra, o delle dittature. Se il politicamente corretto porta a «rivisitare» o boicottare anche i classici, negli Stati Uniti una ideologia bigotta e ultraconservatrice spinge in alcuni Stati a vietarli e perfino a bruciarli. Come spiega Azar Nafisi, che da anni, dall'esilio, racconta la censura all'opera nel suo Iran, nel suo ultimo libro Leggere pericolosamente (Adelphi), «in molte democrazie leggere è affermare un'ideologia», che è il contrario di quel «leggere pericolosamente» che è il mettere in dubbio, anche se stessi, il ricercare la verità, il comprendere a cui poi segue la necessità di agire... E che è una felice, per quanto talvolta complicata, conseguenza del fatto che il romanzo, quando è letteratura e non ideologia, sia sovversivo e antitotalitario per natura.
Ecco perché uno scrittore come Rushdie, armato solo delle sue parole, può fare paura a un dittatore, che ha un esercito a disposizione. Nabokov, l'autore prediletto da Nafisi, diceva che la curiosità è insubordinazione nella sua forma più pura. La biblioteca del Censore di libri ci mostra quanto sia vero, ancora una volta.
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