Il settimanale The Economist gli ha appena dedicato una copertina, ma non si va troppo lontano dalla realtà nel dire che il Sudan, meglio, la guerra in Sudan lascia più o meno indifferente la gran parte del mondo occidentale. Dal 2019, quando l'allora presidente sudanese Omar al Bashir fu costretto a lasciare il potere, è in atto una guerra civile, esercito regolare contro forze paramilitari, milioni di profughi, centinaia di migliaia di morti. Massacri, epidemie, fame scandiscono da allora la quotidianità, interessi geopolitici legati agli altri attori in campo, dall'Egitto agli Emirati Arabi, dalla Libia all'Iran alla Russia, impediscono che si possa arrivare se non a una normalizzazione almeno a una tregua umanitaria. Il Sudan, insomma, non indigna né fa piangere più di tanto l'opinione pubblica democratica, colta e sempre pronta alle condanne morali, né i governi chiamatati a rappresentarla.
Sudan, souviens toi, ovvero Sudan Remember Us (nella foto), è il film di Hind Meddeb presentato come Evento Speciale alle Giornate degli Autori all'ultima mostra del cinema di Venezia. Se lo si legge al francese è un invito al Paese a ricordare sé stesso, se lo si legge all'inglese è un invito al Paese a non dimenticare chi lo ha amato e si è opposto invano alla sua distruzione. Già autrice di documentari al tempo delle cosiddette Primavere arabe, Tunisia Clash, Electro Chaabi, Hind Meddeb ha scelto per questo film-documentario di seguire la storia di alcuni studenti sudanesi che nella primavera del 2019, quando il governo al Bashir era appena caduto, ma i militari non accettavano che al suo posto se ne insediasse uno civile, organizzarono un sit-in di protesta accampandosi per quasi due mesi di fronte al palazzo presidenziale. Si trattava di una protesta pacifica, colorata e allegra, la piazza in festa e insieme unita, sia di giorno sia di notte, in una sorta di comunità orgogliosa e decisa a tener duro.
Shajane, Moha, Muzamil, Khattab sono i ventenni che la regista sceglie come testimoni ideali di quanto sta accadendo, filmandoli lungo quell'arco di tempo che il 3 giugno del 2019, ultimo giorno di Ramadan, vedrà, con la complicità del buio, l'intervento militare contro un popolo addormentato e comunque disarmato: centinaia di morti e di arresti
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