Vita da cadetto, tra stima e (pochi) insulti

L’orgoglio di essere e apparire diversi ha un prezzo. Lo si percepisce raccogliendo per le vie cittadine parole di stima e di elogio, avere richieste di aiuto come poliziotti, ma anche sopportando qualche apprezzamento cafone per un abbigliamento decisamente fuori dall’usuale. È l’esperienza vissuta dagli allievi della Scuola militare «Teulié» durante la libera uscita in uniforme storica, con kepì, mantello e spadino. Hanno fra i 16 e i 18 anni e, come tutti i giovani, la voglia di divertirsi. Ma la loro diversità si nota dal comportamento fiero, dall’uso appropriato del linguaggio, dall’educazione. Atteggiamenti che stridono con la sciatteria di molti loro coetanei.
A cosa si va incontro circolando per Milano con la divisa della scuola militare? «Beh, siamo abituati un po’ a tutto - esordisce Simone, 18 anni - perché scambiano per poliziotti, carabinieri, o addirittura per componenti di una banda civica. Una volta una signora si è rivolta a me, agitatissima, perché le avevano rubato la borsa. Spiegarle che non ero delle Forze dell’ordine sarebbe stata fatica inutile, allora l’ho accompagnata al commissariato invitandola a sporgere denuncia». Fregi e stellette fungono anche da deterrente all’illegalità, come racconta il sedicenne Francesco. «Alla stazione metrò di Lotto, alla mia vista gli ambulanti stranieri che vendono paccottiglia hanno fatto fagotto e se la sono data a gambe». Ma mentre passeggiate vi capita di sentire commenti? «Altro che» aggiunge la giovanissima Marella di Bergamo. «Spesso accade che signore anziane ci guardino e poi si abbandonino ad un “ma che bej fioeu”. Però ricordo ancora una donna sui quaranta che ci apostrofò con un «pagliacci, siete buffoni da circo». Tuttavia la prima regola della libera uscita è non raccogliere provocazioni. «Anche quando - interviene Alessandro, 18 anni - da qualche auto in corsa ci viene gridato “a Batman!”, oppure «sbirri di m...».
Insulti, complessivamente rari, che scivolano via. «Una volta, sentendo ridacchiare alle nostre spalle - prosegue Alessandro - mi sono avvicinato ad un gruppo di giovani per chiedere spiegazioni. Sarà perché alla fine l’uniforme dà soggezione o per la tipica mancanza di coraggio dei provocatori, tutti negavano. Comunque sono ben più gli elogi e i commenti positivi». E con le ragazze incontrate in pizzeria o al pub, fate conoscenza? «Beh si, se sono sole. Sarà il fascino della divisa, ma molto spesso sono loro ad avvicinarci. E spesso si arriva allo scambio del numero di cellulare» aggiunge Alessandro.

Se invece sono in compagnia di altri ragazzi? «Ecco, di solito in questo caso i loro ragazzi si fanno sospettosamente premurosi, le prendono sottobraccio o per mano. Insomma cercano di rafforzare l’attenzione nei loro confronti».

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