"L'esclusione dal servizio civile di giovani stranieri che sono nati in Italia o che vi vivono da molti anni rappresenta una evidente irragionevolezza e un ulteriore inutile ostacolo all’integrazione". E' iniziata la battaglia di uno studente pakistano 26enne a cui, pur essendo residente in Italia da quindici anni, la legge impedisce di svolgere il servizio civile volontario perché è privo della cittadinanza italiana. Il giovane ha presentato un ricorso con cui chiede al giudice di imporre al Dipartimento del servizio civile di riaprire il bando (che si è chiuso venerdi scorso) agli stranieri oppure di rimettere la questione alla Corte costituzionale.
"E' la prima volta che un giovane straniero agisce non tanto per rivendicare una prestazione o un servizio - spiegano dagli avvocati Alberto Guariso, Livioneri e Daniela Consoli - ma per poter adempiere un diritto/dovere, quello di 'difendere la patria' intesa come collettività di persone che vivono stabilmente su un territorio e che sono legate tutte, senza distinzioni di cittadinanza formale, da un unico vincolo di solidarietà".
Il giovane, che ha presentato il ricorso insieme alle associazioni Avvocati per niente onlus e Studi giuridici sull’immigrazione, è sostenuto anche dalla Cgil e dalla Cisl di Milano. Il ricorso è stato depositato contro l'Ufficio nazionale per il servizio civile della presidenza del Consiglio dei ministri: nel mirino il "Bando per la selezione di 10.481 volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e all’estero" pubblicato lo scorso 20 settembre.
Tra i requisiti di ammissione c'è, appunto, la cittadinanza italiana. Il 26enne pakistano ha studiato in Italia fin dalle scuole medie, frequenta l’università e ha presentato domanda di ammissione al servizio civile presso la Caritas Ambrosiana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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