Vivere in una comunità pulita è una regola del quotidiano, una necessità per il bene di tutti, per questo infastidisce la presenza di sporcizia o rifiuti. Indigna fortemente camminare in un’area verde rovinata dall’abbandono di oggetti e scarti, come quella di visionare cumuli di spazzatura e sacchi dell’immondizia accatastati per strada. Anche il semplice gesto di buttare qualcosa per terra è sinonimo di maleducazione, una pratica che si scontra fortemente con le usanze di una società civile moderna.
Ma questa necessità è piuttosto recente, figlia della terribile presenza della peste nera del 1348, in un’epoca dove l’igiene e la pulizia non erano interesse comune. Un tempo le strade erano costituite da terra battuta, prive di asfalto, e la pulizia della città era affidata alla pioggia o al passaggio dei maiali. Tutto veniva gettato per strada, anche gli stessi escrementi, che venivano abbandonati senza nessuna accortezza. Del resto l’utilizzo del sapone stesso e del concetto di pulizia personale è molto recente. I romani e i greci strigliavano la pelle ed erano soliti lavarsi e profumarsi. Invece in Europa, dal Rinascimento fino all’Illuminismo, il bagno era sconsigliato anche dai medici, perché responsabile dell’apertura dei pori della pelle attraverso i quali potevano entrare le malattie.
Per fortuna il concetto di igiene ha cambiato rotta diventando fondamentale, sia per il corpo che per l’ambiente. A incoraggiare la necessità di una comunità pulita fu proprio la peste nera, che spinse a una migliore concezione degli spazi comuni. Ad esempio, a Siena in quegli anni venne indetta una prima gara pubblica per recuperare la sporcizia cittadina. Nel 1349 Re Edoardo III di Inghilterra scrisse al sindaco di Londra sottolineando le terribili condizioni in cui versava la città e, per questo, venne introdotta una pena nei confronti di chi buttava gli escrementi per strada. La stessa New York nel 1800, grazie anche all’incremento del numero dei suoi abitanti e la scarsa igiene, fu vittima di un’ondata di malattie quali colera, febbre tifoide, tifo, febbre gialla e malaria, che portarono a un numero incredibile di decessi. Incentivata anche dall’alta presenza di animali da lavoro liberi di circolare per le vie della città, quindi di rilasciare deiezioni che nessuno puliva.
L’usanza di gettare gli escrementi direttamente della finestra era alquanto diffusa, conseguenza diretta dell’assenza di una rete fognaria adeguata che spingeva a svuotare il pitale direttamente sul terreno. Chi passava per le vie cittadine era costretto a camminare accanto al muro, oppure a indossare tacchi alti e cappelli a tesa larga per proteggersi dalla pioggia indesiderata. Una condizione favorevole per molte malattie che presero piede rapidamente, come la peste bubbonica, il colera e la febbre tifoide, ma solo a fine ‘800 vennero introdotti i sistemi di fognatura moderna, non con qualche difficoltà e resistenza. La necessità di ripulire le aree comuni si diffuse proprio in quel periodo: i primi ad agire furono i più indigenti che, armati di pala e scopa, liberarono le strade di passaggio.
Questo spinse a creare una rete organizzata di persone e attrezzature, fino alla realizzazione di rudimentali macchinari utili per ripulire strade e piazze. Il primo spazzino meccanizzato fu brevettato dall'ingegnere Joseph Whitworth di Manchester nel 1843 ed era trainato da cavalli, mentre negli Usa la prima spazzatrice stradale invece fu brevettata nel 1849 da CS Bishop.
Era composta da dischi rotanti coperti di setole metalliche utili a spazzare le strade. L’interesse crescente nei confronti dell’ambiente ha migliorato la pratica, allargando la visuale nei confronti di un maggiore rispetto e una migliore cura degli spazi comuni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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