
L'interesse statunitense per la Groenlandia sta generando una vera e propria crisi diplomatica. Il primo ministro dell'isola artica, Mute Egede, ha accusato Washington di interferire negli affari politici del Paese con la visita di una delegazione americana. “Va detto chiaramente che la nostra integrità e democrazia devono essere rispettate senza interferenze straniere”, ha detto Egede, aggiungendo che la visita di questa settimana di Usha Vance, moglie del vicepresidente Usa, che dovrebbe essere accompagnata dal consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz, “non può essere vista solo come una visita privata”. Ma perché il presidente Donald Trump vuole letteralmente acquistare la Groenlandia?
Perché gli Stati Uniti vogliono la Groenlandia: tra strategia militare e posizione geografica
Bisogna fare un piccolo passo indietro prima di affrontare le motivazioni di quella che sembra una dichiarazione di propaganda ma che in realtà sottende a precise esigenze strategiche statunitensi. Il Paese è attualmente a sovranità danese, e sebbene ci siano aneliti di indipendentismo, la fazione più radicale è risultata sconfitta nelle recenti elezioni.
La Danimarca, com'è noto, fa parte della Nato, e l'Alleanza Atlantica ha sempre avuto degli importanti avamposti in Groenlandia: l'enorme isola ricoperta da ghiacci è infatti posizionata strategicamente lungo gli accessi marittimi dei mari artici che bagnano la Russia, e ai tempi dell'Unione Sovietica quel Paese, insieme a Islanda e Regno Unito faceva da “cancello” per l'attività navale sovietica da e verso l'Oceano Atlantico (il cosiddetto Giuk Gap). Soprattutto per la vicinanza al territorio dell'Urss, gli Stati Uniti vi hanno posizionato assetti per la scoperta radar di lungo e lunghissimo raggio, nel quadro della difesa del continente nordamericano dai bombardieri con la stella rossa ma anche dai missili balistici intercontinentali. In Groenlandia, infatti, erano posizionate stazioni radar della Dew Line (Distant Early Warning Line), ovvero la cintura radar che copre tutto il grande nord per scoprire tempestivamente bombardieri e missili balistici in rotta polare.
Possiamo dire che Groenlandia, Canada e Alaska sono il bastione difensivo settentrionale degli Stati Uniti e rappresentano l'unica porzione di continente americano non “protetta” dagli oceani e, anzi, esposta a minacce più dirette proprio per la particolare natura del luogo: i sottomarini lanciamissili balistici o da crociera possono navigare sotto la calotta polare, emergere rompendo il pack, e lanciare.
Le basi militari USA in Groenlandia: da Thule al Progetto Iceworm
Pertanto Washington ha avuto sempre interesse nella Groenlandia al punto di avere costruito basi militari, la più importante delle quali è stata ed è ancora quella di Thule, oggi nota come Pituffik Space Base in quanto amministrata dalla U.S. Space Force: prima base a esserlo da parte della nuova forza armata voluta proprio da Trump durante la sua prima amministrazione.
Gli Stati Uniti sul finire degli anni '50 del secolo scorso, hanno costruito una seconda base: Camp Century. Questa si trovava 150 miglia a est di Thule al di sotto della calotta glaciale dell'isola. Il Pentagono pubblicizzò pubblicamente l'avamposto come un centro di ricerca scientifica, ma in realtà Camp Century era il nome pubblico del Progetto Iceworm, un piano top secret per costruire una rete di silos sotterranei per missili nucleari poi abbandonato per l'instabilità del ghiaccio.
La Groenlandia è notoriamente un vasto e inospitale Paese, pressoché disabitato e dove è presente solo una minoranza europea, quindi gli assetti militari statunitensi, di fatto, sono le uniche forze armate presenti nel Paese. Sostanzialmente la Groenlandia è, fattualmente, difesa dalle forze statunitensi e della Nato, in particolare quelle canadesi. Più ancora, la Danimarca non vi ha un presidio militare stabile.
Storicamente poi, Washington ha già avuto la sovranità sulla Groenlandia quando al loro ingresso nella Seconda Guerra Mondiale, nel 1941, la dichiararono proprio protettorato nel timore che potesse finire in mani tedesche. Poiché la Groenlandia si trova nell'emisfero occidentale, l'amministrazione Roosevelt riteneva che l'attività straniera sull'isola fosse in contrasto con la Dottrina Monroe, secondo cui qualsiasi interferenza politica europea nelle Americhe può essere considerata ostile, e di base è quanto sta accadendo ancora oggi col presidente Trump, per motivazioni solo leggermente diverse.
Cina, risorse naturali e nuove rotte artiche: perché la Groenlandia è cruciale oggi
La proposta di Trump di acquistare l'isola, che aveva già avanzato una prima volta nel 2019, non è nemmeno da considerarsi balzana se pensiamo che il presidente Harry Truman, nel 1946, offrì alla Danimarca 100 milioni di dollari in oro per farlo. Naturalmente, la Danimarca rifiutò l'offerta di Truman, ma il regno permise comunque agli Stati Uniti di usarne territorio come hub avanzato per contrastare le ambizioni di Mosca nell'estremo nord.
Oggi le ambizioni sono quelle di Pechino, e non sono apertamente militari ma “dual use”. La Repubblica Popolare Cinese, infatti, da tempo ha iniziato a penetrare il tessuto economico dell'isola con investimenti per infrastrutture aeroportuali (poi bloccate da Copenhagen) ma soprattutto in società minerarie per l'estrazione delle importanti risorse dell'isola (Terre Rare, oro, platino e uranio). Se pensiamo che l'isola conta 57mila abitanti e che l'87% è di etnia inuit, capiamo bene che la penetrazione cinese, con lavoratori al seguito (e famiglie), un domani potrebbe essere il preambolo di una vera e propria rivendicazione territoriale, anche al di là dell'importanza strategica delle sue riserve di Terre Rare.
La Groenlandia poi, come già detto, è localizzata a ridosso di un passaggio marittimo obbligato che il riscaldamento climatico sta rendendo sempre più trafficato, e che un domani potrebbe diventare una rotta sostitutiva rispetto alla tratta Malacca-Suez-Gibilterra nei
traffici tra Europa/costa orientale Usa e l'Asia.Capiamo ora bene che le dichiarazioni di Trump non sono le sparate di un folle, ma sono motivate da considerazioni serie, pragmatiche e soprattutto che hanno precedenti storici.
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