
«Non vogliamo entrare nei dibattiti politici ed elettorali, vogliamo solo entrare a casa nostra». Decine di famiglie sono scese in piazza ieri sotto la pioggia davanti alla sede del Comune di Milano. Hanno sigillato e consegnato al capo di Gabinetto del sindaco Beppe Sala - impegnato a Roma alla manifestazione per l'Europa - tre scatole di legno in cui hanno sigillato le chiavi di case bloccate dalle inchieste sull'urbanistica milanese. In piazza Scala hanno srotolato uno striscione con uno slogan forte e chiaro: «1.600 famiglie senza casa, cantieri fermi: serve una legge Salva famiglie subito!». É la prima protesta organizzata dal comitato «Famiglie sospese, Vite in attesa», nato un mese fa. Rappresenta (per ora) una comunità di 1.600 nuclei che hanno investito i risparmi di una vita in appartamenti che si trovano sotto sequestro ma «le adesioni crescono di giorno in giorno». Anche perchè le indagini per ora riguardano una ventina di progetti ma la giunta Sala ne ha messi in stand by almeno 150 con profili simili (permessi di costruire rilasciati Scia) e gli uffici dell'edilizia sono paralizzati. Decine di operatori che hanno seguito iter regolari attendono da mesi le autorizzazioni per partire. E le famiglie hanno già versato gli acconti, anche 250/350mila euro, hanno firmato compromessi e si trovano fuori da casa propria senza sapere se e quando sarà pronta quella nuova. Il comitato distribuisce un dossier con le testimonianze ma chi è in piazza racconta meglio la rabbia e i timori di perdere venti o trent'anni di risparmi. «É ora che la politica ci ascolti e trovi una soluzione urgente per sbloccare i cantieri. É sbagliato chiamare la norma Salva Milano, è una Salva Famiglie» denuncia Filippo Borsellino, tra i promotori, pronto a organizzare un sit in anche a Roma. Il ddl Salva Milano sembra finito in un vicolo cieco. Dopo il primo arresto dall'inizio delle inchieste a Milano, due settimane fa, la segretaria del Pd Elly Schlein che già non riusciva a gestire le divisioni tra i senatori dem ha colto la palla al balzo per dichiarare «morto» il ddl. E il sindaco Sala ha alzato le mani: «Ritengo un atto dovuto prendere le distanze dal Salva Milano, d'ora in poi mi metterò in attesa di capire cosa vorrà fare il Parlamento e non dirò una parola». Borsellino a nome del comitato avverte: «È una crisi che colpisce tutto il ceto medio e ha assunto dimensioni drammatiche. Il decreto potrebbe essere una soluzione». Lo ribadisce al capo di Gabinetto del sindaco, l'esponente Pd Filippo Barberis che in piazza ascolta e ritira la cassetta con le chiavi. Assicura che Sala «è disponibile a incontrare gli organizzatori, non ci giriamo dall'altra parte e stiamo lavorando con l'Avvocatura per capire le soluzioni che possono essere messe in campo anche senza un intervento normativo da parte del governo».
Il vicepremier di Forza Italia Antonio Tajani si era già schierato e ieri dopo la protesta in piazza ha ribadito: «Difendiamo Milano, i suoi cittadini e le sue imprese. Lancio un duplice appello alle forze politiche che hanno a cuore la capitale economica del Paese.
Primo: andiamo avanti con il salva Milano per non abbandonare cittadini perbene che hanno investito i loro risparmi. Secondo: difendiamo la Borsa ed il suo cuore pulsante che non può lasciare l'Italia. Noi siamo pronti a fare la nostra parte».
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