Nelle ultime trincee coi soldati ucraini: "Noi sotto il fuoco dei missili russi"

In prima linea a Kharkiv tra artiglieria e droni. In città la scuola nella metro

Nelle ultime trincee coi soldati ucraini: "Noi sotto il fuoco dei missili russi"
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Kharkiv. La tana scavata sottoterra ha un ingresso minuscolo e ben mimetizzato dove passa un solo soldato alla volta. Tre metri più sotto è un dedalo di cunicoli, vani per la squadra di artiglieri, dove dormire e farsi da mangiare, una latrina e la galleria verso l'aperto, nascondiglio del cannone semovente inglese AS 90. Un possente cingolato, che con il suo cannone da 155 millimetri colpisce le linee di assedio russo a Pokrovsk, cittadina strategica del Donbass.

«Nei giorni più duri spariamo anche cento proiettili di artiglieria - racconta Kum, nome di battaglia che significa padrino - I russi rispondono al fuoco e noi pure, in un mortale ping pong». La squadra di artiglieri vive rintanata nel sottosuolo al comando di Max, un giovane capitano di 23 anni. Tutti gli altri sono più anziani, anche sulla cinquantina, ma veterani della prima batteria della 117ª brigata. L'ufficiale mostra sul telefonino il cratere provocato da una bomba planante, che i caccia russi sganciano a 70 chilometri di distanza. «Pochi metri più in là ci sarebbe piombata sulla testa facendo a pezzi il nostro bunker», spiega come se fosse normale.

La radio da campo gracchia gli ordini e il capitano risponde secco: «Ricevuto. Attendiamo le coordinate del bersaglio». Gli artiglieri si infilano nel cunicolo che porta al semovente con i grossi proiettili da 155 in spalla. «Quando monterai il filmato cancella i codici - chiede il comandante - alcuni paesi che ci forniscono le munizioni non amano la pubblicità».

L'artigliera semovente schizza fuori dal rifugio con uno sferragliare di cingoli solcando il terreno a tutta velocità. Tutto si gioca sui minuti, se non secondi, per sparare e tornare al riparo, prima che i droni individuino la fiammata indirizzando il tiro di contro batteria. La canna si alza al massimo e la prima cannonata scuote il semovente facendo tremare il terreno. Una vampata di fuoco e fumo erutta lanciando il colpo di 155 millimetri fino a 30 chilometri di distanza. Le immagini girate da un drone ucraino mostrano la distruzione: un carro armato russo preso in pieno esplode in una nuvola rossastra. Dentro l'AS 90, l'ambiente angusto puzza di olio e sudore. Gli artiglieri infilano il proiettile in canna. «Fuoco», urla Zizo, il capo squadra, e il cingolato si scuote come una foglia.

I reparti come la terza brigata d'assalto, che deriva dai combattenti di estrema destra di Azov oppure il battaglione Vendetta, che ha come simbolo quello degli arditi con il teschio ed il pugnale fra i denti, non vogliono saperne di far tacere le armi. Valeria, occhi azzurri come il cielo, è una vedova di guerra arruolata nella brigata d'assalto: «Mi addestro per andare al fronte. Non credo assolutamente nel negoziato, in questa pace». Pavel, un giovane amico ucraino rivela, però, che la «corruzione è dilagante per evitare di finire in trincea». Se paghi 20mila dollari puoi anche ottenere il permesso per uscire dal Paese. «Fra i 3mila e 4mila servono per rallentare la mobilitazione. L'impressione comune è che i ricchi non combattono. A morire in trincea ci vanno tutti gli altri».

A Kharkiv, la seconda città del paese sul fronte orientale, gli allarmi aerei suonano più volte al giorno. Nella piazza dove svetta il gigantesco monumento del soldato sovietico liberatore nel 1945 hanno piazzato un bunker in cemento armato per i civili, ma quando parte l'ululato della sirena nessuno sembra farci caso. Di notte il buio si illumina con i traccianti della contraerea a caccia dei droni kamikaze lanciati dai russi, che volano bassi con un ronzio da brivido. Un velivolo senza pilota del genere ha ridotto in macerie la cucina di Petro Filipski, all'ultimo piano di un condominio. «L'esplosione è stata tremenda e il fumo avvolgeva tutto l'appartamento - racconta il pensionato con la mano fasciata ed un cerottone sulla fronte - I vetri delle finestre sono volati via e ho capito che sanguinavo. Il balcone era in fiamme».

La metropolitana di Kharkiv non solo viene usata come bunker, ma alcune stazioni ospitano la «metro school», classi a prova di bomba per gli studenti. La terza elementare della scuola 143 funziona, da oltre un anno, alla fermata Akademika Pavlova. Robert, uno degli scolari, lancia un saluto: «Ciao bambini italiani, voi siete veramente fortunati a studiare in aule normali. Noi dobbiamo farlo sottoterra nella scuola della metropolitana». Victoria Mongos, che è venuta a prendere i figli Timur e Veronica, ammette che «devono studiare sotto le bombe, ma almeno sono in un posto sicuro».

La dirigente scolastica che gestisce la metro school, Olena Levchenko, è una simpatica donnona. «Stiamo aspettando solo il momento in cui i nostri ragazzi torneranno normalmente a scuola» sperando nella «vittoria», ma per il fronte orientale sarebbe già tanto un cessate il fuoco.

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