«Abbiamo visto l’auto volare nel buio»

I giovani che viaggiavano sulla Clio: «Siamo vivi per miracolo. Rapidi i soccorsi»

Igor Traboni

da Cassino

«Che cosa c'è in mezzo alla strada? Forse è un pastore maremmano». Non hanno fatto in tempo a capire qual era l'oggetto, piazzato nella corsia centrale dell'A1, che la loro Clio aveva già urtato il masso e l'auto è impazzita. «Ora ci sentiamo vivi per miracolo», racconta Giuseppe Martone, di 22 anni, che insieme all'amico Rodiano stava andando da Rignano Flaminio, paesino alle porte di Roma, in vacanza a Gallipoli.
Mancavano 10 minuti alle 2, l'aria era fresca e Giuseppe e Rodiano stavano chiacchierando mentre l'auto filava a 90 km l'ora. «Parlavamo per non farci prendere dal sonno - racconta il giovane - quando all'improvviso abbiamo visto un oggetto in mezzo alla corsia centrale, sulla quale viaggiavamo. Non abbiamo fatto in tempo a capire che cos'era che già l'avevamo preso in pieno». A questo punto la Clio ha cominciato a sbandare e a fare testa coda, spingendo nella prima corsia il masso mentre il motore è schizzato in avanti. «Per fortuna - continua Giuseppe - non ci siamo capovolti ma la Clio ha urtato contro il muretto della massicciata e si è fermata».
Sotto choc i due ragazzi escono dall'auto e assistono sgomenti all'impatto della Golf sul blocco motore. «Eravamo appena usciti dall'auto - spiega Giuseppe - quando abbiamo visto la Golf colpire il nostro motore e volare via».
Era notte fonda ma l'autostrada era percorsa da molte auto, soprattutto vacanzieri, come i due giovani o la famiglia di Gioffrè, che preferiscono la notte per raggiungere la meta delle vacanze evitando code e caldo. «Non finiremo mai di ringraziare - dice Giuseppe - i molti automobilisti che si sono fermati per soccorrere noi e i passeggeri della Golf. Hanno bloccato il traffico, hanno chiamato i soccorsi, ci sono stati vicini perché noi non riuscivamo a capacitarci di che cosa era successo».
Ora i due giovani sono tornati a casa e ancora si interrogano su quel masso, sulle sue dimensioni, sul perché non l'hanno visto. «È successo tutto così all'improvviso - ripete Giuseppe - e chissà perché noi avevamo pensato che era un cane, un pastore maremmano sdraiato. Era più logico...». Ma, se le indagini confermeranno che il masso è stato buttato dal cavalcavia, non è stata certo la logica a guidare la mano di chi l'ha lanciato.
Sotto choc sono anche Claudio e Clemente Schinco, i due fratelli foggiani di 40 e 45 anni, emigrati a Torino in cerca di lavoro, che vivono alla periferia della città, in via degli Ulivi, nella casa accanto a quella di Natale Gioffrè. Prima rapporti di buon vicinato, poi una vera e propria amicizia. E proprio Natale, diretto verso la sua Messina per trascorrere alcun giorni di ferie a ridosso di Ferragosto, si era offerto di accompagnarli in macchina fino a Foggia, per consentire anche a loro di tornare per qualche giorno nel paese d'origine. Una deviazione di alcune ore, tutte in autostrada, che sarebbe iniziata giusto mezz'ora dopo il momento dell'incidente, all'altezza dello svincolo di Caianello, per imboccare la Napoli-Bari. Ma a Natale quel centinaio di chilometri in più non pesavano, proprio per il valore di quell’amicizia. Erano partiti di buon mattino da Torino, e i due fratelli si erano accomodati sui sedili posteriori.
Adesso, ricoverati nell'ospedale di Cassino, con ferite non gravi che i sanitari del nosocomio ciociaro preferiscono comunque tenere sotto osservazione per un paio di giorni ancora, piangono l'amico e ricordano le poche cose dell'incidente: «All'improvviso abbiamo sentito Natale che gridava: “Oddio, e adesso come facciamo?”. Poi abbiamo sentito la botta, la macchina che si rovesciava, ma non ricordiamo più niente. Ci siamo ritrovati in ospedale, senza renderci conto bene di quello che è accaduto. Natale non ha potuto fare proprio niente per evitarlo».
Non aggiungono altro i due fratelli foggiani, hanno solo la forza per piangere l'amico.

Poi chiedono di Francesco, il figlio quindicenne di Natale, ricoverato nel reparto di rianimazione, per la serietà delle ferite. Aspettano il permesso dei medici per poter stare un po' con lui, per farlo sentire meno solo, adesso che non ha più il papà.

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