ABOLIAMO LA LEGGE BACCHELLI

Qualche tempo fa, in occasione di una bella polemica sui senatori a vita il cui voto, allora, sembrava, ed era, prezioso, a sostegno del precario governo Prodi, sostenni le ragioni di chi lamentava che il presidente della Repubblica non avesse nominato personalità che consentissero di riequilibrare la rappresentanza. Infatti risultavano vicini al centrosinistra - e ne davano prova con il voto decisivo fino a essere fischiati e dileggiati dall’opposizione - Scalfaro, Andreotti, Colombo, Levi Montalcini, anche il pur bizzoso e talvolta imprevedibile Cossiga, e Ciampi. L’unico, e non integralmente, allineato con il centrodestra era, ed è, Pininfarina. Durante la discussione, alla quale Napolitano, rinunciando a una sua prerogativa, fece orecchie da mercante, si agitarono i nomi di Mike Bongiorno (!), di Marco Pannella, e forse di Raimondo Vianello.
Con perfetta osservanza ai requisiti indicati dalla Costituzione sulla distinzione e sulla fama derivate dalle opere dell’ingegno nelle discipline umanistiche o scientifiche o nella luminosa capacità d’impresa o nella virtuosa esperienza politica, segnalai all’attenzione del presidente della Repubblica alcuni nomi, certamente pregevoli, e meritevoli di ottenere il vitale laticlavio (con non spregevole vitalizio). Indicai i nomi di Alberto Arbasino e di Guido Ceronetti. Quest’ultimo per più ragioni insigne, grande scrittore e sofisticato saggista, e non privo di un oscuro sentimento politico reazionario e progressivo insieme, nello spirito del Leopardi civile, rispose con un articolo sulla Stampa stupito, lusingato ma forse per civetteria indisponibile. Declinando con ciò anche la suggestione dell’offerta. Non per me, sembrò dire; Sgarbi ha fatto una affettuosa boutade.
Io invece ero convinto e non mi stupisce oggi che, con imparagonabili benefici, non avendo un riconoscimento dovuto al suo ingegno come sarebbe stata la nomina a senatore a vita, lo stesso Ceronetti abbia richiesto con il sostegno di numerosi amici e ottenuto il vitalizio previsto dalla cosiddetta legge Bacchelli, la numero 440 del 1985, così chiamata perché per la prima volta fu concessa all’autore del Mulino del Po, arrivato, in avanzata età a un deprecabile stato di bisogno. Il riconoscimento del merito, con l’assegnazione della Bacchelli segnala anche la condizione oggettiva di povertà, e quindi la disparità fra il valore, la qualità intellettuale e il benessere economico. In sostanza, carmina non dant panem. E quanti uomini modesti e modestissimi intellettualmente, magari furbi, sono ricchissimi. Occorre dunque che lo Stato renda onore al merito. Una legge giusta, certamente.
Ma come uscirà Ceronetti dall’indigenza? Con un assegno annuo di circa 18mila euro lordi che gli verrà erogato dallo Stato in rate quadrimestrali, 1.500 euro al mese. Una magra soddisfazione specialmente se sollecitata da Ceronetti che l’ha comunque ottenuta, mentre, nonostante il mio suggerimento, Napolitano non ha pensato di nominarlo senatore a vita. La cifra, pur in sé rispettabile, sembra quasi una provocazione rispetto al merito dell’uomo che dà il senso della piccola considerazione che lo Stato ha per i suoi uomini grandi. Soprattutto se si considera che l’assegno annuo corrisponde alla mensilità di un senatore a vita o di un deputato dell’assemblea siciliana.

Se questa è la legge Bacchelli, tanto vale abolirla.
Forse Ceronetti avrebbe dovuto, senza falsa modestia, aspirare all’onore più alto, che toccò a Montale, piuttosto che alla pietà. Un’elemosina che non fa onore neanche allo Stato.

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