Addio a faggi, betulle e pini. Si salvano i più resistenti

Polemiche sul platano simbolico: "Non elimina il CO2". Brera e Città Studi puntano sulle virtù

Addio a faggi, betulle e pini. Si salvano i più resistenti
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Addio a faggi, betulle, carpini e pini, da ora in poi saranno piantate specie più resistenti a tuoni e fulmini che ci ha regalato il cambiamento climatico. Gli alberi caduti durante la tempesta nella notte del 25 luglio 2023 sono stati quattromilasettecentosessantasei (sul totale dei 465mila alberi di Milano) e saranno sostituiti da platani, tigli, bagolari, gleditsie e koerleuteria, specie più adatte al nuovo clima subtropicale al quale ci hanno abituato le ultime estati. Nella Giornata nazionale degli Alberi 2024, un platano simbolico è stato piantato dal Comune nel Parco del Sempione come segnale di avvio del piano complessivo, ma mentre c'è già chi protesta («i simboli non eliminano il CO2» e il numero di piante è «il minimo del minimo» dice Carlo Monguzzi, presidente della commissione Ambiente), per riavere gli alberi perduti bisognerà attendere almeno il 2026. Rimane il più grave dei problemi: la manutenzione. Molti alberi sopravvissuti alla terribile notte hanno le radici così compromesse da far paura a chi vi passa sotto (un caso per tutti, i platani della storica piazza Grandi).

Ma dagli alberi possiamo imparare molto: tante le qualità da adottare, come ricordano gli Orti della Rete lombarda, che festeggiano la giornata con un calendario di appuntamenti e mostre. Escludiamo longevità e altezza, almeno nel caso dei due Ginkgo biloba, un maschio e una femmina, che abitano l'Orto botanico di Brera, tra i primi esemplari importati in Europa dalla Cina (alla fine del '700): il ginkgo svetta per oltre trenta metri ed è l'unica specie della sua famiglia ad avere più di 200 milioni di anni. Noi esseri umani possiamo cercare di apprendere resilienza e determinazione, non semplice sia la capacità di resistere agli urti dei mala tempora quando currunt, sia di non permettere agli eventi più o meno atmosferici di alterare troppo la fisionomia, che si tratti di foglie a ventaglio o di un sorriso sulle labbra.

Accanto a mostre e incontri, gli Orti della Rete lombarda celebrano il proprio patrimonio anche così, valorizzando alcuni alberi simbolo di virtù comuni alla flora e agli uomini. In fondo, se non diventeremo capsule da erboristeria come il ginkgo biloba, abbiamo la possibilità - studiando e mettendo in pratica - di produrre anche noi ossigeno, contribuire a eliminare l'inquinamento dell'aria e regolare il microclima.

Per fermarci a Milano, ci spostiamo in Città Studi, senza dimenticare che fanno parte della rete anche orti e giardini di Pavia, Bergamo, Bormio e Toscolano Maderno. L'Orto botanico Città Studi, il più giovane della rete, si sta concentrando sulle sequoie, con i loro fusti diritti. Uno degli alberi più alti del quartiere è la Sequoia sempervirens, ovvero sempre verde, arrivata da via Colombo.

Verrà presto piantato anche un esemplare di Metasequoia glyptostroboides: al contrario del Ginkgo di Brera, è relativamente giovane (o ringiovanita): il primo esemplare vivente dopo secoli è stato rinvenuto negli anni Quaranta del Novecento in Cina. Arriverà pure la Sequoiadendrum giganteum, terzo esemplare di sequoia. Ma più che il gigantismo, si può imparare a non mollare, anche quando preferirebbero estirparti dalle radici.

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