Addio a "Pilli" e alla Milano da bere tra Gorbaciov, Charlot e Dalai Lama

Prese il testimone da Tognoli: firmò l'ampliamento di San Siro e la M3. Storica lite con i tranvieri in sciopero: "Vergognatevi". La camera ardente lunedì in Comune

Addio a "Pilli" e alla Milano da bere tra Gorbaciov, Charlot e Dalai Lama
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È morto nel giorno del suo 84esimo compleanno. L'ex sindaco della «Milano da bere» Paolo Pillitteri ancora un mesetto fa, il 3 novembre, era tornato per l'ultima volta a Palazzo Marino, alla presentazione dell'associazione degli ex consiglieri comunali, si era seduto sui banchi del consiglio, con gli ex sindaci Piero Borghini, Gabriele Albertini, l'ex assessore Piero Bassetti e tanti altri. Un tuffo nel passato per lui, sindaco dal 1986 al 1992 ma già prima dal 1970 assessore alla Cultura, poi all'Urbanistica e al Bilancio. Era stato operato a maggio, poi la ricaduta. Mercoledì sera si è aggravato dopo diciotto giorni di battaglia all'ospedale San Raffaele contro i problemi renali e cardiaci. É stato il figlio Stefano ieri intorno alle 9.30 a dare la notizia: «Ahimè devo annunciare a tutti quelli che gli volevano bene (e sono tanti) che mio padre ha scelto questo giorno per salutarci per sempre». Ha avuto «un'esistenza assai ricca, nel bene e nel male. Ed è ciò che più conta nel nostro passaggio terreno (anche se poteva essergli risparmiato un decennio di persecuzione giudiziaria) - sottolinea, riferendosi all'inchiesta su Mani Pulite - . Ma ciò che ancora più conta è che resta e resterà nel cuore di tante persone. Ciao papà. E buona vera vita. Se vedum...». Nato nel 1940 a Sesto Calende nel varesotto, figlio di un maresciallo dei carabinieri siciliano, esponente di primo piano del Psi, deputato nella IX legislatura e XI legislatura, cognato di Bettino Craxi. Aveva sposato la sorella Rosilde e rimasto vedovo dopo 52 anni di matrimonio, nel 2022 si era risposato con Cinzia Gelati. A celebrare le nozze era stato il indaco Beppe Sala, che ieri lo ha ricordato: «Lo avevo visto poco recentemente, in maniera fugace, se non quando l'ho sposato a Villa Litta nel 2022. Era stato un momento di grande gioia. Era provato negli ultimi tempi evidentemente», dalla malattia. «Dobbiamo trovare una formula per concedergli gli onori del caso a Palazzo Marino. Stiamo cercando di capire come perché abbiamo la mostra di Natale», che occupa interamente Sala Alessi. La soluzione dopo un incontro di un'ora con il figlio nel pomeriggio: la camera ardente sarà aperta lunedì dalle 9 alle 16 in Sala dell'Urbanistica (dove ha sede la buvette del Consiglio, la seduta ieri si è aperta con un minuto di silenzio), il funerale si terrà martedì alle 11 presso la chiesa di Santa Maria del Suffragio, in corso XXII Marzo. Cattolico, al liceo Berchet tra gli insegnanti di religione poteva citare don Giussani.

Il «Pilli» come lo chiamavano tutti diventò sindaco il 21 dicembre del 1986, succedendo a Carlo Tognoli e alla guida di una giunta che vedeva l'alleanza politica tra il partito socialista e la Democrazia Cristiana. Nel 1987, a seguito di dissidi con il principale alleato, varò un'inedita giunta rosso-verde con il Partito Comunista Italiano e la Federazione dei Verdi. Da assessore alla Cultura, tra le prime iniziative fece «impacchettare» i monumenti della città all'artista Christo («il sindaco Aniasi si incazzò tantissimo» raccontò in una intervista recente). Nella città degli yuppies e del celebre spot dell'Amaro Ramazzotti (la «Milano da bere» appunto) Pillitteri accolse il Dalai Lama, il futuro re Carlo d'Inghilterra, celebre la passeggiata tra Galleria e piazza Scala con Michail Gorbaciov. Anche se raccontò di essersi quasi commosso davanti a Charlie Chaplin, a cui aveva dedicato un saggio («è stato uno dei miei grandi amori. Era vecchio e debole. Io lo accarezzavo: Maestro, maestro».

Decisamente un altro approccio con il sindacato leghista dei tranvieri che organizzò uno sciopero selvaggio contro un bivacco di extracomunitari vicino a un deposito Atm: «Siete la vergogna di Milano, razzisti, fascisti» gridò lui, attento al tema 'immigrazione. Nel 1990 la Lega lo denunciò per uno stanziamento di 3 miliardi per un centro di accoglienza. Tagliò il nastro della linea M3, firmò l'ampliamento dello stadio di San Siro. All'inizio del 1992 lasciò l'incarico per dissidi interni alla maggioranza e fu rieletto in Parlamento, ma a maggio scattò l'avviso di garanzia nell'inchiesta Mani Pulite che di fatto chiuse la sua carriera politica. «É una grave perdita per la nostra città.

Amministratore capace, politico di razza» lo ricorda l'ex sindaco Letizia Moratti. Per Giuliano Pisapia «è stato un autentico socialista riformista. In una Milano da bere ha cercato di trovare risposte verso gli ultimi. Penso solo all'arrivo a Milano dei primi immigrati stranieri».

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