Lo scrittore uncina le parole per trovare la formula che vinca la morte, che riscatti una vita. Il breve, intimo romanzo di Alessandro Zaccuri, ha lucidità di diamante: c'è la morte quella della madre, 1983 , c'è la vita, col suo nudo tremare, la letteratura i riferimenti a Melville, Celan, Mandel'stam.
Poi c'è quel nome, «il secondo nome di mia madre», Maria, che è l'ossatura del libro, un repertorio di Marie «travisate perfino a se stesse per scrupolo di pudore o smania di altezzosità» , una austera transumanza tra le pagine crude del Vangelo. Narrativamente, un miracolo.Davide Brullo
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