«Ma all’Italia serve un Eni forte»

Saglia (An): «Difendo il mercato, ma anche la necessità di tutelare un gruppo che è una risorsa del Paese»

«Ma all’Italia serve un Eni forte»

da Milano

È il momento di fare una riflessione: il mondo politico si deve chiedere che futuro vuol dare al mercato dell’energia in Italia e alle imprese a partecipazione pubblica del settore. La domanda è: che ruolo dare a Eni e Enel in un mercato europeo asimmetrico, in cui in Italia c’è libertà di concorrenza (imperfetta, ma c’è), in Francia ci sono due monopolisti e in Spagna con l’Opa di Gas Natural su Endesa stanno creando una concentrazione che porterà a un oligopolio? Per Stefano Saglia, responsabile delle politiche industriali ed energetiche di Alleanza nazionale, va trovata una soluzione che non sia preelettorale, ma bipartisan, perché la partita è troppo importante per il Paese.
«Il mercato in Italia è sostanzialmente liberalizzato in seguito al decreto Letta, ma, almeno per il gas, c’è il problema dei gasdotti che sono gestiti dall’Eni: l’accesso alla fonti quindi è limitato - afferma Saglia -. L’alternativa, teorica, sono i rigassificatori, che amplierebbero la capacità di importazione e la possibilità di concorrenza. Ma è impossibile costruirli per l’opposizione delle Regioni: basta vedere come si sta comportando la Puglia per quello di Brindisi. Così l’unico che è in costruzione resta quello di Rovigo che importerà otto miliardi di metri cubi l’anno».
Sul gas è stata sollevata la questione Gazprom, che riguarda più di un aspetto.
«Quella di Gazprom è una tempesta in un bicchiere d’acqua per la vicenda Mentasti che ha avuto l’esclusiva sull’importazione di due miliardi di metri cubi l’anno sui 21 miliardi che la stessa Gazprom ha venduto lo scorso anno all’Italia. Gazprom non è sottoposta alle norme Ue e può scegliersi il partner che vuole: è una polemica strumentale perché non c’è nessun problema di legittimità».
Forse non è tutto così semplice...
«No, non lo è. La questione vera è: se l’Eni prolunga il contratto di fornitura con Gazprom dal 2017 al 2027, la concorrenza sul mercato del gas potrebbe essere difficile, anche se va detto che il nuovo gasdotto che arriva dalla Libia dà accesso anche ad altri importanti operatori italiani».
Lei dice quindi che un’apertura c’è.
«Stavolta sono io a dire che non è tutto così semplice. La questione di fondo è quale politica industriale ed energetica vuol fare l’Italia: l’accordo con la Russia ci affranca dalla dipendenza dai soli Paesi arabi. Il lavoro della diplomazia italiana in questi ultimi anni è stato importantissimo. Dopo di che c’è la domanda: aprire il gasdotto libico è troppo poco? A cui rispondo con un’altra domanda: Eni è una risorsa da difendere anche rispettando l’apertura del mercato, o no? Noi abbiamo liberalizzato il mercato dell’energia, la Francia no. Dobbiamo trovare un equilibrio tra concorrenza e sostegno delle imprese italiane».


Senza contare la questione della proprietà Snam.
«È la stessa cosa: va trovata un’armonia nell’antinomia mercato-difesa degli interessi italiani. Cercare una soluzione, possibilmente bipartisan, è compito della politica».

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