È allarme sui mutamenti del clima A un passo dal punto di non ritorno

I mutamenti meteo-climatici e l’accelerazione del riscaldamento globale trovano ormai riscontro in una serie di misurazioni condotte a partire dal 1994 dalle stazioni di rilevamento della rete Share (Stations at High Altitude for Research on the Environment), un network internazionale promosso dal Comitato Ev-K2-Cnr in collaborazione con l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) del Cnr, che si occupa di monitoraggio climatico, ambientale e geofisico.
Si tratta di riscontri tutt’altro che confortanti, se si considera il significativo incremento medio delle temperature osservato pure alle quote più elevate. Come sul Plateau tibetano, dove a 4.700 metri si è registrato un aumento della temperatura di 0,33 °C per decade, oltre quattro volte quello misurato a 1100 metri di altitudine. Un simile e più rapido incremento di temperatura può comportare molteplici effetti negativi sulla dinamica dei ghiacciai e sul bilancio globale di energia e acqua.
Alle emissioni dovute a eventi di origine naturale si sommano quelle causate dall’uomo: attività industriali, impianti di riscaldamento e traffico, le cui emissioni, con l’arrivo della stagione fredda, tendono a formare una spessa coperta di inquinanti e polvere minerale su vaste aree geografiche ristagnando nella bassa atmosfera. Ozono, dust e black carbon compongono le nubi marroni che stazionano sempre più estese sull’Asia e sull’Oceano Indiano contribuendo al riscaldamento in modo del tutto analogo ai gas serra. Ed elevate concentrazioni degli stessi elementi sono state registrate nella pianura Padana dalla stazione di monitoraggio italiana della rete Share sul Monte Cimone.

Poiché il fenomeno altera i parametri meteo-climatici, con conseguenze gravi per l’ecosistema e l’economia, è d’obbligo moltiplicare gli sforzi sia per limitare le emissioni delle diverse fonti, sia per migliorarne l’efficienza energetica.

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