Allungare l’agonia è un errore Bisogna rispettare la morte

Su un paziente che è praticamente morto il medico ha una reazione automatica nel disperato tentativo di rianimarlo. Se però conosci bene la sua situazione clinica e ti rendi conto che sta inevitabilmente per morire, la manovra rianimatoria rischia di produrre solo un inutile prolungamento, di minuti oppure ore, di una vita non degna di essere vissuta. Molti anni fa mi sono accanito per tentare di resuscitare un bimbo che stava morendo.
Quando il cuore ha ripreso a battere la madre mi ha guardato negli occhi chiedendomi: «Che cosa ha fatto?». Il primario per poco non mi prese a calci. Tornai dalla madre per chiederle scusa. Qualche ora dopo il bimbo, che aveva un tumore con metastasi, è finalmente spirato. Bisogna onestamente ammettere e ricordare che la morte, in alcuni casi, anche per i familiari, è considerata e attesa come una liberazione. Della cultura medica dovrebbe far parte un atteggiamento più umano e misericordioso che eviti l’accanimento terapeutico. Il motivo per cui molti medici si accaniscono in queste situazioni è piuttosto per proteggere più che altro se stessi da eventuali conseguenze legali. Questo è un periodo in cui i medici sono assediati da cause ed avvocati. Spesso l’aspetto etico va a finire in secondo piano rispetto al timore di un avviso di garanzia. Per non parlare dell’eutanasia, che ogni tanto torna alla ribalta sui media e poi sparisce, come un fiume carsico. Nel frattempo a casa e negli ospedali migliaia di persone si spengono lentamente, spesso tra atroci sofferenze. Ogni giorno qualcuno eccede con le dosi di morfina, e accelera la fine di un paziente senza speranza, ma guai a parlare di eutanasia! Dal punto di vista morale il sottoscritto è favorevole più all’eutanasia attiva che a quella passiva. Quella passiva la viviamo ogni giorno, può essere un atto vile, e una legge che la favorisca avrebbe forse l’effetto di incentivare l’abbandono di quelli che «non hanno speranza», e che sono di fatto scomodi per un reparto. Quella attiva sarebbe una scelta terribile, ma che imporrebbe al medico un atteggiamento estremamente responsabile. Sarebbe una scelta per alcuni aspetti nobilissima, di approfondimento clinico sulle reali condizioni di un malato, di empatia tra medico e paziente, ma il pensiero che si promulghi una legge che consenta di spegnere attivamente una vita mi angoscia. In quali occasioni si applicherebbe una legge sull’eutanasia? Un paziente in coma irreversibile da anni, merita l’eutanasia? Se questo atto mira ad evitare le sue sofferenze, non ci sarebbe motivo. Le sofferenze sarebbero semmai quelle dei suoi parenti. La motivazione principale sarebbe la “dignità” della persona, che già in precedenza avesse deciso di non volere vivere come un vegetale. Un paziente con una malattia incurabile che produca indicibili sofferenze, non controllabili con la «terapia del dolore», fortemente motivato a farla finita, sarebbe il candidato ideale. Il problema è che la diagnosi di «stato terminale» è molto difficile da definire. La definizione dipende non solo dalla situazione clinica, ma anche dal livello culturale dello staff medico. Lo stesso termine di «end stage» si sposta continuamente; chi sembrava condannato a morte dieci anni fa, oggi può essere salvato. Lo stesso coma irreversibile, in alcuni casi, può essere risolto con l’iniezione di cellule staminali. Nel mio campo, i trapianti di midollo, si assiste in questi anni ad un aumento dell’impegno a riempire documenti necessari all’accreditamento del servizio (e soprattutto ad evitare problemi medico-legali) ed a un parallelo rilassamento morale che rischia di aumentare la mortalità. La qualità dei midolli che vengono prelevati sta peggiorando progressivamente e con questa presumo la mortalità da trapianto. Un prelievo di midollo è un’attività noiosa e faticosa, e la voglia di accorciare i tempi di prelievo può essere vincente. Almeno in tre occasioni nel 2009 ho ricevuto dei midolli da altri centri che evidentemente non si erano impegnati a fare il loro dovere fino in fondo, mettendo sopra a tutto l’interesse del paziente che avrebbe ricevuto il midollo. L’impressione di un vecchio medico stanco è quella di una barbarie incombente e progressiva, fatta di cartacce da firmare e un ridotto impegno a curare realmente.

In questo scenario, una legge che permetta l’eutanasia attiva o passiva che sia, potrebbe produrre dei disastri. La mia posizione è evidentemente equivoca: sono favorevole all’eutanasia in un mondo perfetto, ma spero non venga legalizzata in questa realtà imperfetta…
*Chirurgo pediatrico specializzato in trapianti di midollo

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