Alpino Miotto, La Russa "Anch'io informato tardi dello scontro a fuoco"

Il ministro, a Herat per incontrare i soldati italiani impegnati in Afghanistan, parla dell'alpino ucciso: "Caduto in piena battaglia"

Alpino Miotto, La Russa 
"Anch'io informato tardi 
dello scontro a fuoco"

Herat - La morte del caporalmaggiore Matteo Miotto, rimasto ucciso il 31 dicembre scorso in uno scontro a fuoco - inizialmente si era parlato di un cecchino - continua a far discutere. E' stato il ministro della Difesa Ignazio La Russa a rivelare la dinamica dei fatti: "L'alpino è caduto in piena battaglia". Il padre dell'alpino aveva chiesto la verità. E la verità, sia pure con un po' di ritardo, è arrivata. Per sgombrare ogni polemica sulla vicenda interviene di nuovo La Russa.

Sono stato informato tardi "Anch’io - spiega il ministro - sono stato informato tardivamente sulla parte relativa allo scontro a fuoco. Questa parte della notizia non è stata ritenuta, nelle prime ore, a tal punto importante da essere comunicata a me e alla stampa. E per questo mi sono arrabbiato con i militari che non me l’hanno detto". La Russa torna sulla ricostruzione dell’uccisione del 1° caporal maggiore Matteo Miotto, ucciso lo scorso 31 dicembre in Afghanistan. "Quando il 4 gennaio pomeriggio -sottolinea- mi è stata riferita anche questa parte, prima di rendere noto il tutto ho voluto aspettare ieri per parlare personalmente con il generale Marcello Bellacicco, il comandante del contingente in Afghanistan. La mia idea è che siamo di fronte al riflesso di un vecchio metodo: quello di cercare di indorare la pillola della realtà dei fatti, di dire la verità ma nel modo più indolore possibile. Questo non appartiene al mio modo di comunicare, tanto è vero che quando l’ho saputo l’ho reso noto".

Ora voltiamo pagina Su questo "metodo" La Russa si dice convinto che "bisogna voltare pagina rispetto a un passato - che io, senza polemica, faccio risalire ai precedenti governi, forse perfino al primo governo Berlusconi, sicuramente al governo Prodi, per motivi obiettivi che capisco - quando si dava la notizia ma con la preoccupazione di non allarmare. Io, invece, proprio per il rispetto del lavoro dei militari, ho sempre voluto fotografare la realtà esattamente com’è".

Italiani vicini ai soldati "Venendo qui - ha proseguito La Russa - porto ai nostri militari il messaggio delle istituzioni e di tutti gli italiani, ma a mia volta ricevo molto: dalla loro capacità, dal coraggio e dalla determinazione con cui portano a termine i loro impegni. Credo che tutti dovrebbero cogliere lo spirito di questi uomini e donne prima di valutare cosa stanno facendo nella missione Isaf".

Garantire la sicurezza La Task Force ha assunto, lo scorso primo settembre, la responsabilità di questa area, mai presidiata in precedenza da italiani, con l’obiettivo di creare e garantire sicurezza, di concerto con la autorità locali, contribuire alla ricostruzione del Paese, favorire lo sviluppo della governabilità e il consenso della popolazione nei confronti delle autorità locali. E ad oggi, oltre agli interventi più strettamente di sicurezza, sono molti quelli avviati o già portati a termine a favore della popolazione, come l’apertura di una scuola femminile, il restauro di una moschea, l’installazione di tre nuove pompe per pozzi e la costruzione di un ponte e di un acquedotto.

Nostro lavoro dà fastidio "Il nostro lavoro qui - riferisce il colonnello Paolo Sfarra, comandante della Task Force South East - dà fastidio soprattutto perchè stiamo creando consenso. Per esempio, due settimane abbiamo promosso una ’shourà, un incontro al quale hanno partecipato ben 82 capovillaggi, in rappresentanza di circa 600 famiglie. E nonostante sia stata una prima riunione, sono state mosse le basi per un possibile rientro di migliaia di persone in quest’area. Bakwa, capitale del distretto del Gulistan, è infatti da circa 10 anni una città deserta, dopo la fuga provocata dalla minaccia talebana".

Stiamo lavorando bene "La gente - aggiunge - percepisce ora, grazie alla presenza e al nostro lavoro e delle forze governative, questa zona come sufficientemente sicura per riprendere i legami con il

territorio. Ciò dà fastidio a chi ci è ostile che, quindi, ci attacca ogni giorno. Il nostro operato sul territorio, insomma, sta scardinando un sistema e per questo subiamo attacchi: perché evidentemente stiamo lavorando bene".

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica