Martinenghi il giorno dopo il trionfo: "L'inno? Non lo canto quasi mai, batto le mani"

Martinenghi il giorno dopo il trionfo: "L'inno? Non lo canto quasi mai, batto le mani"
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- nostro inviato a Parigi -

Il Tete del giorno dopo luccica come i capelli biondo platino e l'orecchino creato da suo padre orafo quando entra a Prè Catelan, sede di Casa Italia, il padiglione in stile Napoleone III nel cuore del parco di Bois de Boulogne, luogo sacro dell'olimpismo visto che fu sede della riunione presieduta dal Barone de Coubertin che diede il via libera alle olimpiadi moderne. La dedica di Martinenghi che ieri sera era, a caldo e subito, era "per tutti, il mio allenatore, la mia ragazza, i miei a casa", ora a freddo è diventa "per me sicuramente" e poi gli altri "per tutti e per il mio allenatore, Marco Pedoja". Aggiunge: "Quello che ho raggiunto è grazie anche a chi non smette mai di supportarmi e che mi vive sempre come Tete, non Nicolò...".

Tete, il Varesino, Nicolò, la rana che ha vinto tutto è ragazzo dalla mente svelta, le

idee chiare, schietto: "L'inno? Non lo canto quasi mai, ma batto sempre le mani". E poi: "Io come Fioravanti 24 anni fa a Sydeny? Non lo scorderò mai, questo numero, 24, sarà per me sempre importante... perché ho 24 anni".

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