Wilder, pugile per salvare la figlia: il ring più duro della sua vita

Nel 2005 la sua Naieya nasce con una grave malformazione: Deontay è un giovane ventenne dell'Alabama e gioca a basket nel suo college. Dovrà cambiare tutto per guadagnare i soldi necessari alle cure.

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Avere vent'anni in Alabama è già difficile di per sé, se hai la pelle scura. Qui il pregiudizio si incunea nella vita della gente fino a radicarsi e allora pensi sempre di trovarti dalla parte sbagliata della barricata o, se non altro, in equilibrio instabile sul versante più scosceso. Mettici poi che hai appena perso i tuoi familiari più cari. Che vai ancora al college e giochi nella squadra di basket, sognando di diventare presto un professionista. Non funzionasse con la palla a spicchi, ti dici, va bene anche il football. Del resto sei alto e grosso. Il fisico si presta alle tue ambizioni. Ti chiami Deontay Wilder, è il 2005 e la vita sta per servirti una terribile mano di carte.

Quello, infatti, è l'anno in cui nasce Naieya, la sua bambina. Il che sarebbe una notizia meravigliosa, per quanto i genitori siano molto giovani e vagamente impreparati, ma c'è dell'altro. I medici scuotono la testa quando leggono il responso: spina bifida. La piccola non camminerà mai. Destinata ad una vita di sofferenza. Deontay è un ragazzino che vede sgretolarsi tutto il mondo intorno. Finisce in depressione per settimane. Finché, un giorno, sprofonda nel divano di casa, afferra una pistola e la carica. Vuole farla finita. Che senso ha vivere in quel modo?

Un istante prima di premere il grilletto capisce che non può arrendersi così. Che ne sarà della sua bambina e della compagna, se le lascia abbandonate al loro destino? Mette via l'arma e pensa. Gli servono soldi. Tanti soldi. Solo così può sperare di pagare le cure che rendano più accettabile l'esistenza della piccola Neieya e, magari, finanziare un giorno una soluzione miracolosa. L'unica via che conosce è quella dello sport. Solo che con il basket ci sa fare, ma il percorso gli appare ancora lungo. Lo stesso per il football. Lui però di tempo non ne ha. Si alza e si guarda allo specchio. Ecco cosa può farci con tutti quei muscoli. Ecco come fare a guadagnare tanto denaro in poco tempo. Raggiunge sua figlia nell'altra stanza, la accarezza e sorride. Per lei inizierà a boxare. E le promette che diventerà un campione.

Inizia così, in un modo surreale e commovente, la storia di uno dei più grandi pugili della storia statunitense. Nel giro di tre anni Wilder riesce a diventare professionista e inanella una serie mostruosa di successi, la maggior parte dei quali per ko avversario alla prima ripresa. I match contro Reggie Pena, Malik Scott e Shannon Caudle raggiungono una copertura mediatica già impressionante. La fama che Deontay si sta costruendo è granitica: 32 successi consecutivi gli valgono di diritto la chance di giocarsi il titolo mondiale WBC. Nel frattempo, è il 2008, partecipa alle Olimpiadi di Pechino vincendo il bronzo, arrendendosi in semifinale soltanto a Clemente Russo.

La gente inizia a chiamarlo "The Bronze Bomber", nome affibbiatogli in memoria di Joe Louis (il cui soprannome era "The Brown Bomber"). Deontay fa sapere a tutti che i suoi idoli sono Mike Tyson e Muhammad Alì e che la sua ambizione è di avvicinarsi quanto più possibile ai loro stratosferici risultati.

Promessa mantenuta. Lotta per il titolo WBC nel 2015, sconfiggendo il campione del mondo dei pesi massimi in carica, Bermane Stiverne. Arrivano sempre più soldi, fama, successi. Ogni pugno è assestato per Neieya. Ogni volta che incassa, sa che deve reagire per lei. Le cure procedono bene e la bambina sembra miracolosamente riprendersi. Nel frattempo arrivano anche i duelli di risonanza planetaria con Tyson Fury.

Non finiscono come Wilder vorrebbe, ma servono comunque al fine ultimo che l'ex ragazzo di vent'anni si era prefissato.

Dopo cinque interventi chirurgici la bambina torna a camminare. Una cosa impossibile da credere, fino a qualche anno prima. La cintura più grande, Deontay, l'ha conquista sul ring della vita.

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