Le storie dei quadri sono appassionanti. Essi si nascondono e appaiono d'improvviso senza annuncio. È inutile cercarli. A un certo punto si affacciano, riemergono da un lungo sonno e rivelano mondi sconosciuti e imprevedibili. Anche l'archeologia, se si pensa ai bronzi di San Casciano Bagni, riserva sorprese, ma la ricerca archeologica è fatta di metodo e di scavi in aree di cui abbiamo memoria storica. Invece, impazziti, i dipinti hanno girato il mondo, e oggi appare più facile fare scoperte in Svezia, in Francia, in Inghilterra, negli Stati Uniti che in Italia, dove ancora sopravvivono rari insediamenti collezionistici storici. A partire degli anni Sessanta, si è determinato un diffuso collezionismo di importazione che rende più facile fare scoperte sul mercato straniero, soprattutto nelle aste di Londra e di Parigi.
L'ultimo dipinto di Caravaggio è apparso in una piccola asta di Madrid, così come a Parigi è stato acquistato presso Drouot il dipinto di Artemisia Gentileschi che è ora alla National Gallery di Londra. I dipinti a tema biblico in Italia sono sempre più rari: forse il solo che potrebbe veramente arricchire le nostre collezioni è la Conversione di Saulo di Caravaggio, nella collezione Odescalchi. Altri capolavori, come i due Canaletto della collezione Giulia Maria Crespi, sono destinati a costituire il patrimonio di una Fondazione o di una raccolta privata, nello spirito che guidò le imprese del Fai. Nel frattempo molte fondazioni sono diventate musei aperti al pubblico. Penso, solo a Parma, alle raccolte di Franco Maria Ricci, o di Luigi Magnani, con intense attività espositive. Sono molto potenziate le collezioni di arte contemporanea in una prospettiva internazionale, mentre l'arte antica è rimasta una riserva in cui si muovono cacciatori esperti e curiosi che hanno rigenerato e trasformato la figura dell'antiquario tradizionale.
Io ne ho conosciuti molti e, dopo alcuni leggendari della mia giovinezza, da Mario Bigetti a Fernando Peretti, a Fabrizio Lemme, mi accorgo che il campo dei ricercatori si è ristretto, mentre si è allargata la credibilità di alcuni giovani che ho visto crescere, come Fabrizio Moretti e Marco Voena che hanno scelto di muoversi sul mercato internazionale. Nello scambio continuo di immagini con storici dell'arte e conoscitori, si affacciano dipinti che sono spesso destinati a grandi obiettivi, nell'avanzamento della conoscenza. Scambi frequenti di immagini sono con Tommaso Ferruda, Umberto Giacometti, Giuseppe D'Angelo, Gianluca Berardi, Diego Gomiero. Può capitare che, a una cena in una trattoria toscana, passino immagini delle prossime grandi aste e anche dipinti sommersi che trovano nuova vita grazie a occhi attenti e sensibili.
Così, qualche sera fa, ho visto apparire due opere intorno alle quali c'è stata una piccola competizione: una scena di genere di Giovanni Domenico Lombardi, e una storia biblica dell'anonimo Maestro di Fontanarosa, due artisti rari e curiosi, proposti come anonimi in aste minori e fatti riemergere grazie alla precisione e alla velocità dell'occhio di alcuni degli esperti che ho ricordato. Recentemente si è avuto modo di vedere il primo alla mostra che ho curato a Lucca su «I pittori della luce. Da Caravaggio a Pietro Paolini». In quell'occasione si è potuta verificare la singolare attitudine del Lombardi, nato nel 1682, che, dopo la prima fase classicista, con grandi dipinti di soggetto religioso, si dedicò alla pittura di genere, con spirito commemorativo.
In questo campo l'artista guardò ai modelli elaborati nella Lucca del XVII secolo da Pietro Paolini, rasentando in taluni casi la vera e propria contraffazione, come nel Concerto con vecchio che suona il violone e due giovani cantanti e nella Giovane donna che suona il liuto con bambino e vecchio addormentato, già sul mercato antiquario romano, o ancora nell'Allegoria dell'udito e della vista, pubblicata da Contini come opera di Paolini. Ma, più in generale, ripropose temi cari alla pittura di genere di spirito caravaggesco, con soldati e giocatori, concerti e allegorie delle stagioni, delle arti e dei cinque sensi. In due Scene di corteggiamento per villa Sardi a San Martino in Vignale verso il 1739-40, riconosciute dalla Betti e in altre quattro in collezione fiorentina - ma anch'esse originariamente nella stessa sede - con la buona ventura e giocatori di dama, di carte e di morra, l'esasperazione caricaturale delle fisionomie, la gestualità scomposta e l'andamento schematico e lineare dei panneggi fanno intendere chiaramente che il Lombardi sospende il tempo per tornare ai primi decenni del Seicento. Il dipinto ritrovato dovrebbe essere quello della burla o dello scherno di due ragazzi verso una vecchia vanitosa che si acconcia davanti allo specchio.
L'altro artista che qui si propone in un'opera inedita è il Maestro di Fontanarosa, pittore napoletano recentemente identificato in Giuseppe di Guido sul quale si sono recentemente applicati studiosi come Giuseppe Porzio, Francesca De Luca, Giovanni Papi, ravvisandone le affinità con Filippo Vitale, Battistello Caracciolo, Francesco Guarino, Massimo Stanzione, il gotha dei caravaggeschi napoletani. Il pittore prende il nome da una Ultima cena conservata nella chiesa parrocchiale di San Nicola Maggiore a Fontanarosa, in provincia di Avellino. Il suo carattere fortemente espressionistico lo avvicina anche a Ribera e Mattia Preti. Nel largo panneggiare il maestro mostra carattere e temperamento, contrapponendo la figura di Mosè a quella dell'umile donna del popolo che lo guarda come un'apparizione.
Ho scelto due esempi di riemersione per indicare come la curiosità e la ricerca ci consentano di ampliare le nostre conoscenze
storiche grazie alla passione di alcuni che stanno ai margini, ma sono nel vero centro, e colpiscono con precisione. Credo nel passato infinitamente presente. Il resto sono dogmi di una falsa dottrina pigra e imperfetta.
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